La scuola come presidio europeista antimafia

Mafie ed Europa: due temi sui quali pensiamo che la comunità educante debba interrogarsi investendo tempo e risorse.

Lavorando sul piano formativo per tutti gli attori protagonisti del territorio (studenti, docenti, genitori e la cittadinanza tutta), studiando e approfondendo il fenomeno della criminalità organizzata di stampo mafioso e analizzando le fasi che hanno portato alla creazione dell’Unione Europea per poi saper leggere gli avvenimenti futuri in modo critico e consapevole.

Riteniamo che la comunità educante debba portare ad una dimensione tangibile il concetto di antimafia (sociale) e di cittadinanza europea, applicandolo nella vita e nella quotidianità del quartiere.

La scuola può diventare quindi un presidio territoriale che sappia opporsi, e non solo resistere, alla cultura mafiosa? Ci siamo chiesti se, partendo dalla Scuola, si può sovvertire la dinamiche di potere, violento e oppressivo, che la criminalità organizza esercitano su un preciso territorio creando nuovi spazi di opportunità, andando ad agire in modo preventivo sul tessuto sociale.

Allo stesso modo può essere punto di ricaduta concreta di quello che è il percorso europeo, dando forma all’idea di Europa che da tempo sosteniamo?

 

La scuola come presidio europeista 

La prima regola della gestione dei conflitti è: ridurre l’asimmetria delle forze in campo.

Non c’è partita infatti se una squadra si presenta in campo con 40 giocatori e l’altra con 10.

Inutile discutere: si perde soltanto tempo, si fa soltanto dell’intrattenimento.

Ora, se pensiamo al Mondo che abitiamo e pensiamo alle sfide che abbiamo, dalla sicurezza sanitaria, alla crisi ambientale, dalla mancanza di lavoro, alla criminalità organizzata di stampo mafioso o terroristico, è facile constatare che ognuna di queste sfide fa scendere in campo “squadre” immense a difesa degli interessi sottostanti. Le multinazionali della chimica e della farmaceutica, le multinazionali delle armi e dei big-data, le multinazionali finanziarie, tutte capaci di presidiare i propri interessi a livello globale, massimizzando i profitti per i propri azionisti, instaurando relazioni fortissime con i Governi, capaci di orientarne le scelte, in un modo od in un altro. Le organizzazioni criminali a loro volta transnazionali, capaci di fare affari in giro per il Mondo e nel Mondo poi di riciclare il denaro “sporco”, entrando così nell’economia legale con un vantaggio competitivo tale da sbaragliare la concorrenza degli onesti.

Di fronte a tutto ciò cosa può fare il singolo cittadino?

La scelta più semplice è quella di darsi da fare per occupare una posizione offerta da questo

sistema di interessi, entrando nel “club” dei salvati, di quelli che stanno all’asciutto, senza badare più a quello che accade agli altri, ai sommersi.

Ci sono molti poi che semplicemente non ci pensano: non hanno alcuna riflessione sul Mondo nel quale vivono, si limitano a viverlo, prendendo quel che possono.

C’è invece chi non si dà pace e non ha alcuna intenzione di fare tesoro della fortuna che gli è capitata di nascere nella parte forte del Mondo, perché resta, per qualche motivo, fedele

all’intuizione che fu, tra gli altri, dei rivoluzionari francesi del 1789: gli uomini nascono tutti liberi ed uguali. Tutti, ma proprio tutti (!) hanno una uguale dignità, cioè valgono in quanto esseri umani, tutti, ma proprio tutti (!) hanno una medesima sacrosanta aspettativa di una vita libera dalla paura e dal bisogno. Costoro, che non sono la maggioranza, cercano strade per ridurre la asimmetria del conflitto tra le forze in campo, per far giocare la partita in condizioni sopportabili al numero più grande di esseri umani, perché rifiutano l’idea che possa esistere una umanità di scarto, che debba soltanto farsi da parte. A questo sono servite le democrazie, parlamentari, basate sul suffragio universale: strumenti pieni di limiti e contraddizioni, però di certo fondate sulla promessa che a ciascuno sarebbe stata data la possibilità di contare. Dal secondo dopo guerra fino alla fine del ‘900 le democrazie occidentali hanno interpretato questa tensione, hanno cercato di realizzare questa promessa e pur con enormi difetti, ci sono riuscite. Parallelamente le democrazie europee hanno dato vita, caso senza precedenti nella storia, alla fondazione di una “super-democrazia” continentale: l’Unione Europea. Oggi, le democrazie occidentali chiuse nel recinto degli Stati nazionali sono sempre più impotenti difronte alle sfide globali a cui ho fatto riferimento sopra ed ecco che oggi, soprattutto oggi, si rivela in tutta la sua lungimiranza, il progetto parallelo: quello della “super democrazia” continentale, cioè della Unione europea. Ma l’Unione Europea così come è non funziona bene come dovrebbe: ha le dimensioni e la forza giuste per stare in partita, ma non ha schemi di gioco adeguati. Infatti è troppo macchinosa e spesso tardiva nelle decisioni ed i cittadini europei non sanno bene a cosa serva. Per questo noi siamo ad un bivio: o facciamo della Unione Europea una Repubblica federale fondata sull’uguaglianza di diritti e doveri, oppure corriamo il rischio che l’Unione Europea, affaticata ed ammaccata, perda pezzi e si dissolva. Da questo punto di vista la Brexit ed il successo che hanno in molti Paesi della UE le forze nazionaliste sono campanelli d’allarme preoccupanti. Bisogna muoversi! Anche le mafie e le organizzazioni terroristiche “tifano” perché l’Unione europea non evolva, non diventi una vera Repubblica federale: più è debole, meno ostacoli crea alle loro attività. In questi mesi è iniziata la Conferenza sul Futuro dell’Europa che rappresenta una grande occasione per innescare il processo di riforme istituzionali di cui l’UE ha bisogno. La COFE (conferenza sul futuro dell’Europa) coinvolge il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione ma anche la “società civile europea”, durerà circa un paio d’anni e non deve fallire, perché se fallisse non sappiamo se e quando avremo una nuova opportunità del genere. Tutti possiamo giocare una parte per evitare questo esito e dare all’Europa e quindi al Mondo una speranza in più di pace, di libertà e di giustizia sociale. Le organizzazioni studentesche e le scuole possono essere ingredienti importanti di questo sforzo collettivo. Facciamolo.

 

Davide Mattiello

Presidente Fondazione Benvenuti in Italia

 

La scuola come presidio antimafia 

Partiamo da una premessa: mafia e democrazia sono incompatibili. Questo almeno è vero in teoria, visto che in questo momento si celebra a Palermo il secondo grado di giudizio, in un processo che vede imputati mafiosi e pezzi delle istituzioni, accusati di avere trattato per trovare un accordo, nella stagione 1992-1994.

Rimaniamo tuttavia fermi sulla premessa, provando, a partire dalla stessa, a evidenziare otto passaggi su altrettante questioni, con una tesi (mafiosa) e un’antitesi (antimafiosa), nel provare a delineare il ruolo della scuola come presidio antimafia. Ovviamente sarà tendenzialmente più facile riferirsi alla scuola secondaria di secondo grado, tuttavia alcune questioni sono declinabili in qualunque contesto scolastico, con le dovute differenze.

 

  •  Mafia come sottomissione: il 416 bis del codice penale, sancisce come fondamentale per dimostrare il reato di associazione mafiosa l’assoggettamento delle persone, quindi la loro sottomissione. Alla scuola sta quindi il compito, insieme ad altri ovviamente, di contribuire a formare cittadini sovrani (che è il contrario di sudditi), da qui anche l’importanza di lavorare sulla formazione dei rappresentati di classe e di istituto, essendo l’esempio di democrazia rappresentativa su piccola scala, che gli studenti sperimentano durante le scuole superiori.

 

  •  Mafia come arbitrio e come negazione del bello: non c’è molto da aggiungere, è una lezione che ci ha insegnato Peppino Impastato, ma più in generale sappiamo quanto le mafie non si curino del bello e dell’estetica, quanto siano pronte a speculare, inquinare e distruggere (l’ambiente o il paesaggio), pur di guadagnare. Allora si deve trovare il modo di permettere agli studenti di prendersi cura del proprio istituto: ci sono scuole che hanno fatto murales, piantato alberi in cortile o scelto di intitolare aule o l’auditorium (magari a una vittima di mafia, dopo un percorso condiviso e che ha coinvolto le classi). Prendersi cura degli spazi che si vivono cinque o sei giorni alla settimana, produce maggiore rispetto per quegli stessi spazi.

 

  •  Mafia come esaltazione del privilegio: le mafie sono l’emblema del conflitto di interessi, del prevalere della volontà del singolo o del gruppo, sui diritti di tutti. Allora la scuola deve difendere la laicità e diritti di ciascuno. Il presidente del consiglio Mario Draghi, ce l’ho ricordato recentemente, quando ha rammentato che il nostro è un paese laico, citando una sentenza della Corte Costituzionale del 1989, nel passaggio: “[…] la laicità è la difesa del pluralismo e delle diversità culturali.”

 

  •  Mafia come controllo del territorio: un altro degli aspetti caratterizzanti delle organizzazioni mafiose è la capacità di controllare il territorio, imponendo le proprie regole e le proprie scelte, esautorando lo Stato o approfittando della sua debolezza o assenza. Quindi la scuola deve porsi come luogo aperto alla cittadinanza, al di là dell’orario didattico, alle famiglie, al territorio: pensando di organizzare eventi pubblici, rammentando l’esperienza di presìdi scolastici di Libera che organizzano banchetti, per vendere i prodotti coltivati sui beni confiscati alle mafie, magari nei momenti di colloquio genitori/docenti.

 

  •  Mafia come omertà e silenzio: la forza delle mafie sta anche nella capacità di incutere paura, che produce omertà e mancata denuncia. La scuola quindi deve lavorare sulla formazione e sull’educazione civica, magari partendo, come ripete sempre Mauro Berruto, dall’insegnamento della storia dello sport, che permettere un approccio multidisciplinare, oltre che una serie di ragionamenti sull’etica, la correttezza in campo, il rispetto delle regole.

 

  •  Mafia come paura e intimidazione: partendo dall’assunto precedente, la scuola deve trovare il modo di mobilitarsi, sui temi sensibili e ad essa pertinenti. Basti pensare alla giornata in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, il 21 marzo, che da venticinque anni vede la partecipazione di migliaia di studenti in tutta Italia; o alle manifestazioni e flash mob degli ultimi due anni, nella nostra città, contro la modifica della legge regionale sul gioco d’azzardo, che hanno visto la presenza di centinaia di studenti.

 

  •  Mafia come “tutto e ora, ad ogni costo”: le mafie non rispettano le regole, la concorrenza, gli altri, vogliono tutto e immediatamente, senza curarsi del modo in cui ottenerlo. La battaglia per l’ambiente che ha riempito le piazze d’Europa di studenti, l’esperienza dei “Fridays for future”, sono la dimostrazione che la generazione di studenti si infiamma e si batte a tutela del pianeta, in una lotta che è simile a quella contro la mafia. Entrambe, infatti, hanno come obiettivo la volontà di lasciare un mondo più bello a chi verrà dopo di noi. Vale in questo caso, quello che ripetevano gli indiani d’America, che l’uomo bianco sterminò e chiuse nelle riserve: “Dovremmo sempre comportarci come se questo mondo non ci fosse stato lasciato in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli.”

 

  •  Mafia come indifferenza: se questo non è vero penalmente, lo è certamente in termini culturali. La mafia infatti vive dell’indifferenza e dell’ignavia di tanti. Don Lorenzo Milani diceva “se in una stanza ci sono 1 fascista e 9 indifferenti, il risultato è che ci sono 10 fascisti”. Se sostituiamo alla parola fascista la parola mafioso, l’equazione non cambia. Allora la scuola deve contribuire ad aprire gli occhi agli studenti, sui temi che attraversano questo mondo globalizzato: dall’Europa ai migranti, dalle fake news ai nuovi sovranismi, dalle questioni ambientali alle nuove forme criminali. Rispetto a quest’ultime, è importante che Libera lavori da anni nel creare un network europeo di sensibilizzazione sulla criminalità organizzata, coinvolgendo realtà e associazioni di paesi diversi. L’orizzonte è ampio e complesso, la scuola deve riuscire a fornire delle chiavi di lettura e di interpretazione.

In conclusione, ci sono molti ambiti su cui la scuola può giocare il proprio di presidio antimafia.

Ricordando le parole dello scrittore Gesualdo Bufalino (“la mafia sarà sconfitta da un esercito di maestre elementari”), consapevoli che la scuola può risultare centrale in questa battaglia, sapendo che c’è ancora molta strada da fare, che gli ostacoli non mancheranno, ma che vale la pena continuare ad andare, come avrebbe detto Fabrizio de Andrè, “in direzione ostinata e contraria”.

 

Andrea Zummo 

Coordinamento provinciale Libera

20/01/2022
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