Il nome del figlio

Può il nome del bimbo, che una donna porta in grembo, essere la miccia che scatena una serata feroce e crudele, tra 5 amici? Così succede nell’ultimo film di Francesca Archibugi, che prende spunto da un testo teatrale francese, che diede origine a un film di successo qualche anno fa, che era “Cena tra amici” (“Le prènome”, in originale). A casa dei coniugi Betta (Valeria Golino) e Sandro (Lo Cascio), che hanno anche due figli dai nomi impegnati (Pin e Scintilla), giunge Paolo (Alessandro Gassman), che annuncia che il figlio che attende da Simona (Micaela Ramazzotti, che è in ritardo) è un maschio e si chiamerà Benito.

Apriti cielo! La notizia produce l’esito di una bomba, tocca i nervi scoperti di tutti, mette a nudo i lati meschini dei protagonisti: Sandro, l’intellettuale di sinistra ossessionato da Twitter, sua moglie Betta perenne insicura, Paolo, l’agente immobiliare senza scrupoli e destroide, Simona, la grezza burina che ha scritto un romanzo di successo. A loro quattro si aggiunge Claudio (Rocco Papaleo), artista, che tutti sospettano omosessuale. Ma saranno poi davvero così? La cena e il dopo cena fanno riaffiorare le vecchie ruggini, i ricordi (anche scabrosi) di un tempo comune: tutti tranne Simona si conoscono e frequentano dall’adolescenza. Il passato, ormai lontano, fa da cassa di risonanza del presente, con un po’ di nostalgia e la consapevolezza amara, che si sia cresciuti anche un po’ meschini: leit motiv di ciò e bella sequenza affettuosa, tra presente e flashback, è la canzone di Dalla, “Telefonami tra vent’anni”, cantata a pieni polmoni dai protagonisti, oggi come ieri.

Sceneggiatura ben oliata, scritta da Francesco Piccolo, impianto molto teatrale con un meccanismo già visto altrove (ricorda il “Carnage” di Polanski) e un quintetto di attori molto affiatato (menzione speciale a un delizioso e sotto le righe Papaleo). A parte qualche digressione dell’adolescenza, e la presenza-invadenza dei figli dei padroni di casa (anche con un elicotterino che svolazza con microtelecamera per la cena), il film si gioca tutto sul confronto tra i cinque, mettendo in luce anche ciò che non ci si aspetterebbe, in superficie, del loro carattere. Finale con qualche sorpresa.

Si ride e con intelligenza, si coglie l’occhio sociologico della Archibugi e di Piccolo, in questo piccolo autoritratto un po’ dissacrante, della classe media del nostro paese, più o meno progressista, grillina, disillusa o semplicemente, alla ricerca del galleggiamento, della sopravvivenza:  anche ferendosi vicendevolmente, si possono lasciare le offese alle spalle, nel segno di una irriducibile familiarità.

 

25/01/2015
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