Il calcio sui maccheroni

 

Adesso che è passato vogliamo dire qualcosa.
Stiamo parlando dello sciopero più antipatico, più anacronistico, più impopolare che si possa immaginare: quello dei calciatori!
Ieri il Milan ha pareggiato 2-2 con la Lazio: gol e spettacolo, ma nell’ultimo weekend di agosto 2011, la Juve non si è esibita a Udine e il Novara non ha festeggiato il suo ritorno sul campo in serie A dopo 55 anni.
Non si è giocato in nessuno dei campi della serie A. Motivo? A sentire i giornali e i principali organi di informazione, sarebbe l’egoismo dei calciatori viziati e miliardari che non volevano sentirne di pagare il contributo di solidarietà rosolato sulla grigliata di ferragosto dal governo. Per questo l’AIC avrebbe indetto uno sciopero che, visto come un ricatto dalla Lega Calcio, ha costretto la Figc a decretare il rinvio della prima giornata del campionato di calcio 2011-2012.

 

A dire il vero, però, già prima della salsiccia avvelenata preparata dal Governo, i capitani delle 20 squadre di serie A avevano sottoscritto e lanciato un appello, pubblicato sui maggiori quotidiani di informazione, che richiamava la Lega Calcio per non aver ratificato gli accordi presi nel mese di dicembre 2010 e sottoscritti anche dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio.
Infatti un anno fa, la situazione tra Associazione Italiana Calciatori e Lega Seri A raggiunse livelli di scontro e già allora i calciatori minacciarono lo sciopero. I motivi si sintetizzano negli otto punti qui sotto che riguardano la sottoscrizione del cosiddetto Accordo Collettivo:

1.    Contratto flessibile con introiti legati ai risultati. L’Aic lo vuole flessibile solo al 50%, la Lega di serie A lo vuole per intero, compresa l’automatica riduzione degli stipendi in caso di retrocessione in serie B;? 

   

2.    Professionalità al 100%. Secondo la Lega il calciatore deve fare solo il calciatore, per l’Aic è libero di svolgere un’altra professione durante il tempo libero;?    

 

3.    Il comportamento dev’essere rigido ed eticamente irreprensibile per la Lega anche fuori dall’orario di gioco o allenamento, mentre per l’Aic i calciatori devono essere liberi di fare quello che vogliono durante il tempo libero;?  

 

4.    Le terapie fisiche devono rimanere circoscritte allo staff del club per la Lega, mentre per l’Aic i calciatori possono farsi curare da chi vogliono (come già avviene con gli specialisti come Martens che cura i più grandi campioni di qualsiasi club);?    

 

5.    Le sanzioni per la Lega devono essere pagate dal club in modo automatico, per l’Aic invece bisogna sempre rimettersi alla decisione del collegio arbitrale. Inoltre l’Aic vuole avere mano libera nelle sanzioni ai propri calciatori, svincolandole dall’ingaggio (attualmente non si può superare il 30% dello stipendio);?    

 

6.    Il presidente del collegio arbitrale dev’essere scelto esternamente per la Lega; tramite sorteggio interno per l’ACI;?  

 

7.    Per la Lega un allenatore può allenare una squadra in due gruppi distinti, per l’Aic i calciatori devono invece stare tutti uniti;?    

 

8.    Per la Lega un calciatore non può rifiutare il trasferimento ad un club dello stesso livello di quello in cui si trova attualmente e che gli garantisca lo stesso stipendio, se il suo club di appartenenza si accorda per la vendita del cartellino. In caso di rifiuto, il contratto si intende rescisso automaticamente con una multa da pagare da parte del calciatore che ammonta al 50% del suo stipendio. L’Aic si oppone totalmente a quest’iniziativa.

 

Su questi punti, come detto, si è trovato un accordo grazie alla mediazione del presidente Figc, Abete, nel dicembre 2010. Poi però nulla più accade e dell’Accordo Collettivo nemmeno l’ombra.

 

L’AIC si preoccupa soprattutto degli ultimi due punti perchè, come scrive con un comunicato ufficiale:

 

Il calciatore sotto contratto ha diritto di allenarsi in condizioni di assoluta parità con gli altri compagni all’interno della squadra. Consentire allenamenti separati rispetto al gruppo della prima squadra significherebbe favorire situazioni di discriminazione e di mobbing.?Ogni tipo di emarginazione, anche se mascherata, servirebbe per costringere i calciatori a rinnovare un contratto in scadenza o accettare un trasferimento non gradito.? 

…?

Un calciatore sotto contratto non può essere obbligato ad accettare un trasferimento. La legge 91 prevede che la cessione del contratto non può avvenire senza il consenso del calciatore.

 

Inoltre l’AIC sa benissimo che l’accordo collettivo con la serie A, avrà ripercussione sulle altre leghe minori (B, Lega Pro, etc…) dove non esistono contratti miliardari e dove i riflettori si spengono…

 

Nei giorni scorsi Gianni Rivera, presidente del Settore Giovanile e Scolastico della Federcalcio e consigliere federale ha detto: “La Lega con un sotterfugio vuole abolire il vincolo contrattuale con il giocatore. In questo modo, mettendo perennemente fuori rosa un dipendente, lo si obbliga ad andare via, rendendo il contratto stipulato inutile. Secondo me c’è il tentativo di riproporre il vincolo da parte delle società di calcio. La loro volontà è quella di abolire il mercato come c’è adesso”

E a render torbida la trama ci han pensato i Presidenti stessi.
“La responsabilità è di Beretta (pres Lega Calcio), si è dimostrato un presidente incapace. Ha gestito la situazione con superficialità” spara a zero Massimo Cellino, presidente del Cagliari, l’unico con i dirigenti del Siena a votare a favore dell’intesa.
Il vulcanico presidente del Palermo, Zamparini ha detto: “Io ero favorevole all’accordo ponte, ma purtroppo all’interno delle Lega hanno prevalso le ragioni dei falchi”

Il vicepresidente del Bologna, Maurizio Setti  è stato più schietto ancora: “Eravamo pronti a giocare. È un affronto rispetto a quello che il mondo sta passando. Dobbiamo sottostare a quelle che sono le indicazioni delle big: molti non hanno la  rosa al completo; avere ancora 20 giorni, per giocatori che arriveranno adesso, vuol dire tempo di inserirsi”

A riprova di una certa “comodità” dello sciopero per le società, il fatto che nell’assemblea decisiva ci fossero solo tre presidenti, le restanti società sarebbero state rappresentate da avvocati e “deleghe”.

Segno di una incapacità di gestire la Lega Serie A, quella stessa Lega che negli scorsi anni aveva battagliato per separarsi dalla Serie B che economicamente era considerata una zavorra per i costi eccessivi e per gli introiti modesti.
Oggi però la governance non sembra migliorata, anzi.
Certo non è un esercizio di creatività, immaginarsi Adriano Galliani (ad Milan), ex presidente di Lega, rappresentare gli interessi di tutte le società in termini di diritti televisivi con Mediaset: infatti è esattamente quel che è successo negli scorsi anni.
Ed oggi vedere in quel ruolo Maurizio Beretta, sembra certo più raffinato, ma ugualmente inopportuno: Beretta è a capo della struttura Identity and Communications di Unicredit, istituto bancario che è socio di minoranza della A.S.Roma.
Il presidente dal canto suo ha dichiarato: “il nuovo contratto collettivo è parte importante di un processo irreversibile perché si tratta di trovare nuove regole che garantiscano la sostenibilità del nostro calcio” così come la legge Melandri che “ha previsto una divisione delle risorse televisive che ha abbracciato il principio collettivo. Una rivoluzione”.

Sempre Gianni Rivera, autore del meraviglioso gol decisivo di Italia-Germania 4-3, ha giudicato severamente le società: “La Lega vuole decidere tutto secondo il proprio arbitrio. È vero che le società sono in perdita e cercano una nuova organizzazione ma questo è un problema loro. Sono i presidenti che firmano i contratti e che pagano gli stipendi. I problemi economici sono solo colpa loro. Devono fare mea culpa e iniziare a pensare che non possono fare il passo più lungo della gamba”.

In questo difficile periodo di crisi, con la doppia finanziaria che supera i 90 miliardi di euro, ci torna alla mente il famoso decreto spalmadebiti che ad inizio millennio ha permesso a 13 società di calcio italiane e ai loro presidenti di spalmare i loro debiti (in gran parte con il fisco) per dieci anni. A dire il vero, poi la UE nel 2005 ha costretto l’Italia a ripartire i debiti in soli 5 anni di bilancio per un totale di 1100 milioni di euro.

Ecco la classifica delle società che nel 2003 fecero ricorso a questa sorta di doping amministrativo: l’Inter (290 milioni), seguita da Milan (242), Lazio (212), Roma (134) e Torino (57). Con cifre minori abbiamo poi Piacenza (36), Palermo (30), Salernitana (24), Lecce (17), Messina (10), Vicenza (10), Genoa (9), Venezia (9), Treviso (5) e Ascoli (2,4).

Di queste società: Torino, Salernitana, Messina e Venezia sono fallite (alcune hanno usufruito del cosiddetto Lodo Petrucci per non dover ricominciare dall’interregionale); altre hanno fatto ricorso ad accordi con il Fisco: è il caso di Roma e Lazio (il più eclatante, considerati gli oltre 157 milioni di euro di debito).

In sintesi: ci han fatto credere fosse un capriccio dei calciatori, ma dietro questo sciopero, che è vergognoso definire tale, ci sono gli interessi e le incapacità di gestione dell’intera industria calcistica.
E ovviamente: saltata la prima giornata, completate le rose con gli ultimi acquisti, recuperati i calciatori acciaccati e infortunati, la Lega e l’AIC han trovato l’accordo; hanno firmato un contratto ponte che mette al riparo da altre soste inattese fino alla fine del campionato.

E mentre a metà ottobre sono attesi i risultati del processo penale di Napoli, mentre Andrea Agnelli chiede un risarcimento da capogiro per gli scudetti sottratti alla Juventus e soprattutto chiede la revoca dell’assegnazione all’Inter di quello del 2006, proprio la Juventus ha qualche giorno fa inaugurato il suo gioiello: il nuovissimo Juventus Stadium, interamente costruito e pensato per il calcio, è il primo stadio di proprietà per una società italiana.
Un’operazione eccezionale per la squadra bianconera: una struttura all’avanguardia realizzata su terreni in diritto di superficie per 99 anni (costo 25 mln di euro) con un accordo di sponsorizzazione che ha abbattuto a zero i costi per la società; anche quelli relativi al finanziamento ottenuto dal Credito Sportivo (50 mln di euro). 120 milioni il costo totale e una riqualificazione dell’area della Continassa, con zone commerciali su cui poter contare per sostenere economicamente il progetto, che fa sorridere anche la città di Torino.
E domani all’ora di pranzo, si disputerà la prima gara ufficiale contro il Parma.
Proprio quel che ci voleva: il ca…lcio sui maccheroni!

10/09/2011
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