Le ragioni dell'Italia: identità culinaria


A cura del Centro Studi Streben di  Acmos


Non c’è dubbio. La cucina è una dei sostantivi che più facilmente dovrebbe potersi accompagnare all’aggettivo che fa riferimento al nostro paese: volendo esagerare, la cucina, o è italiana, o non è. La cucina italiana c’è, è conosciuta e riconosciuta in tutto il mondo, perché gli italiani, si sa, sono pizza e spaghetti.


Eppure, la cucina italiana, intesa come un modello fisso e unitario, codificato in regole precise, valida da nord a sud, da est, a ovest, in campagna e in città, attraverso strati sociali, gruppi culturali e, soprattutto, attraverso la storia, non è mai esistita. E’ banale a dirsi, ma foss’anche solo per una questione di materie prime, sul suolo italiano si sono sviluppate e continuano a svilupparsi cucine differenti, legate al territorio, alle disponibilità e alle sue esigenze.


E però, se la pensiamo come una rete di saperi e di pratiche, come reciproca conoscenza di prodotti e di ricette provenienti da città e regioni differenti, uno stile culinario italiano esiste, fin dal Medioevo, a partire dagli ambienti cittadini che concentrarono e rielaborarono la cultura alimentare delle campagne, e al tempo stesso la misero in circolazione, attraverso il gioco dei mercati e i movimenti di uomini, merci, libri. La cultura del pane, del vino e dell’olio, simboli della civiltà agricola romana, si mescolò con la cultura della carne e del latte, del lardo e del burro, simboli della civiltà ‘barbarica’, legata all’uso della foresta più che alla pratica dell’agricoltura e ne nacquero delle cucine italiane.


Se l’identità della cucina italiana è un’identità in divenire, sfaccettata e plurale, va cercata nella storia alimentare e gastronomica italiana come uno spazio di valori comuni, di saperi e sapori, mai fermi, mai dati una volta per tutte. Chi metterebbe oggi in discussione l’italianità della pasta, del pomodoro, del peperoncino? Eppure appartenevano, in origine, a culture diverse e lontane. In questo senso, un’identità culinaria italiana esiste da molto tempo e anzi, già alla fine dell’Ottocento, l’identità del paese non coincideva con le sue forme politiche, ma si realizzava piuttosto nei modi di vita, nei gusti letterari, artistici, e anche gastronomici. L’unità politica del paese non fece che accelerare questo processo, allargandolo progressivamente a fasce più ampie della popolazione. Dapprima entrò in gioco la piccola borghesia cittadina, che il ricettario di Pellegrino Artusi riuscì a integrare perfettamente nel nuovo spirito nazionale. Il progetto “unificatore” di Artusi consisteva nel riunire tutte le soste gastronomiche della sua esperienza, rivisitando i piatti contadini delle feste trasformandoli così nella cucina borghese italiana conosciuta in tutto il mondo.


Con la grande guerra anche i ceti popolari cominciarono a conoscersi meglio, ma spetterà ai mass-media accompagnare gli italiani nella modernità alimentare; tuttavia, proprio la persistenza di modelli tradizionali, la cui vitalità si incrocia col nuovo, continua a garantire una cultura gastronomica forte, capillare e condivisa, e a preservarla, almeno in parte, dai processi di delocalizzazione, globalizzazione e destagionalizzazione e regionalizzazione (da bancone di un qualsiasi Wholefood newyorchese, dove si trovano il sugo siciliano, lucano, bolognese, romano, pugliese, ma non più quello italiano), processi forzati che sono tipici della società post-moderna. Volendo usare un esempio antico e resistente: è il cibo di strada mai soppiantato da alcuna catena, da alcuna altra forma di cibo fast: è la tradizione culinaria legata per natura a reti e spostamenti, comune a tutt’Italia, dal pà c’a meusa, alla pizza, dal panino con la porchetta, al lampredotto, alla piadina, alle caldarroste.


Se l’identità italiana che riconosciamo è basata sulle reti, sulle identità plurime, sugli scambi, se è uno spazio sia materiale sia mentale fatto di modelli di vita e di cultura, oggetti e saperi, uomini e abitudini, la gastronomia è una metafora.


Le ragioni dell’Italia

01/02/2011
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