Grazie a lui siamo quel che siamo

Era la fine del 1997, quando all’interno di un raccogliticcio gruppo di amici incominciava a girare un piccolo libro clandestino.

Quel libro era dell’autore brasiliano Augusto Boal, mentre il gruppo era composto da un pugno di sconosciuti obiettori della Gioc, aggregati intorno all’esperienza della comunità Iqbal e un’improvvisata compagnia teatrale post-situazionista, nata in un’occupazione del ’95 al liceo Cavour e sviluppatasi con la speranza di partecipare alla prima edizione torinese di BIG.

Beh, dalla lettura di quel libro, nacque un’esperienza mitica che in soli 14 mesi girò tutta Italia e tutti i quartieri di Torino per proporre le proprie idee politiche e sociali: si chiamava Tromba del Trambusto e fu nientemeno che il prodromo di Acmos.

Ma perchè questo amarcord, vi chiederete. Per un motivo molto semplice: lo scrittore e drammaturgo brasiliano Augusto Boal, inventore del Teatro dell’Oppresso, grande teorico del ”teatro politico”, e’ morto sabato notte in un ospedale di Rio de Janeiro a causa di una insufficienza respiratoria collegata alla leucemia contro cui combatteva da tempo. Aveva 78 anni. E’ stato il fondatore del Teatro dell’Arena di San Paolo del Brasile, attore e regista, autore di diverse opere teatralie ambasciatore mondiale del teatro per conto dell’Unesco. Con Chico Buarque, Boal e’ stato il ‘gigante’ del teatro latinoamericano, da lui teorizzato sulla linea delle intuizioni del pedagogista brasiliano Paulo Freire, autore di ”La pedagogia degli oppressi”, e raccogliendo anche alcune istanze proprie della teologia della liberazione.
Il Teatro dell’Oppresso e’ un metodo teatrale elaborato da Boal a partire dagli anni Sessanta, prima in Brasile e poi in Europa, che usa il teatro come mezzo di conoscenza e come linguaggio, come mezzo di conoscenza e trasformazione della realta’ interiore, relazionale e sociale. E’ un teatro che rende attivo il pubblico e serve ai gruppi di spettattori per esplorare, mettere in scena, analizzare e trasformare la realta’ che essi stessi vivono. Ha tra le finalita’ quella di far riscoprire alla gente la propria teatralita’, vista come mezzo di conoscenza del reale, e di rendere gli spettatori protagonisti dell’azione scenica, affinche’ lo siano anche nella vita.
Boal ha sintetizzato questo suo metodo nel libro ”Il poliziotto e la maschera. Giochi, esercizi e tecniche del Teatro dell’Oppresso”, tradotto in trentacinque lingue (in italiano e’ apparso dalla Meridiana edizioni).
Ma per chi volesse, ovviamente, si può leggere anche in quella versione clandestina… così, per il gusto di ricordarci ogni tanto da dove veniamo.
Buon viaggio Augusto.

06/05/2009
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