Canto Clandestino

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Qualche sera fa a Grugliasco è andato in scena “Canto Clandestino”, un concerto di voci, versi e sciagurata verità per violino e percussioni tratto da “Un canto clandestino saliva dall’abisso” di Mimmo Sammartino, adattato da Patrizia Schiavo e a cura di Pietra Selva Nicolicchia.

Pietra ci ha raccontato come è nato lo spettacolo e che cosa racconta.


“Si tratta dell’adattamento del libro di Mimmo Sammartino, il quale ha scelto la strada della denuncia narrata attraverso una forma che ricorda i canti delle tragedie greche. L’evento raccontato è drammatico: la morte di 283 migranti nel Natale del 1996, nel più grande naufragio del dopoguerra, avvenuto lungo le coste mediterranee nei pressi di Siracusa


Un fatto realmente accaduto?


Non solo è realmente accaduto, ma per cinque lunghi anni, i superstiti di quella sciagura, sbarcati in Grecia, non trovarono persone disposte a credere alla loro testimonianza. L’imbarcazione sulla quale avevano affrontato il lungo viaggio aveva urtato il peschereccio sul quale erano stati appena trasbordati, provocandone l’inabissamento. In pochi riuscirono a salvarsi, ritornando sulla barca. Il primo ad abbandonare il peschereccio fu lo stesso comandante…


Allora, la notizia come ha fatto ad emergere?


I pescatori cominciavano a pescare corpi umani e lo segnalarono alle autorità, ma questo ovviamente bloccò la loro attività, unica fonte di sostentamento. Per questo fecero un patto e ritrattarono tutto. Fino a che uno di loro, Salvatore Lupo, non ce la fece più e portò agli inquirenti il passaporto, ritrovato in mare, di una ragazzo diciassettenne proveniente dallo Sri Lanka, come prova dell’avvenuta tragedia.


Nemmeno i giornali indagarono sull’accaduto?


Furono in pochi a seguire questa storia, ricordo Il Manifesto e La Repubblica. Fu proprio grazie ad un giornalista de La Repubblica che si ritrovò il relitto del peschereccio a 108 metri di profondità, con i cadaveri ancora imprigionati…


E questo servì ad aprire un processo?


Sì a Siracusa, ma è stato dichiarato improcedibile. Così, quelle morti non avranno mai un colpevole.


Cosa vi ha spinto ad accettare di parlare di questa storia?


Questo è un racconto che fa parlare i vivi con i morti, che mi ricorda un pò le lamentazioni funebri del sud, ma anche le opere di grandi cantautori come De Andrè nel suo “Non al denaro, non all’amore nè al cielo”, ispirato all’Antologia di Spoon River. Il teatro e l’arte trovano il loro vero senso quando danno voce a chi non ne ha e cercano di farla viaggiare. E questo è un momento in cui far viaggiare queste voci è terribilmente attuale.


Alludi ai rimpatrii e all’esultanza del ministro Maroni. Cosa ne pensi?


Penso che non ci sia molto da esultare.  Mi chiedo quali valori ci facciano respingere coloro che sono gli “ultimi della Terra” perchè noi stessi li deprediamo e li brutalizziamo con una politica occidentale sfrenata. Mi chiedo retoricamente se non ci sia contraddizione tra i valori cristiani che rappresentiamo e questa brutalità, questa bestialità che ci fa cacciare dei fratelli.

L’Italia in passato si è fermata per molto meno per dimostrare la sua indignazione. Oggi stiamo sussurrando di fronte alla barbarie. Non abbiamo memoria. Non abbiamo memoria delle migrazioni del nostro stesso popolo.


Pensi che questo spettacolo possa servire per smettere di sussurrare?


Noi adesso abbiamo cinque repliche in Svizzera. Poi torneremo in Italia. Possiamo lavorare per promouoverlo ed adattarlo in varie forme. Mi piacerebbe fare anche delle letture di questo testo . Mi piacerebbe che questo racconto potesse essere utile anche nelle scuole. Ci lavoreremo.


Grazie Pietra e buon lavoro.

Continuiamo a dare voce a chi non ce l’ha.



11/05/2009
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