Cambia il lavoro: la riforma

 

 

 

 

Immaginiamo di fare un salto nel tempo e arrivare al momento in cui la riforma del lavoro sarà completamente applicata. Ecco cosa cambia.

 

Partendo dalle 26 pagine di documento divulgate dal ministro Fornero, i punti essenziali sembrano essere tre: una maggiore regolamentazione del lavoro limitato nel tempo (colpendo anche qualche scappatoia di uso abituale nelle piccole aziende), la modifica dell’articolo 18, modellata sul sistema tedesco, e l’introduzione di un nuovo ammortizzatore sociale, più breve e intenso – l’Aspi.

 

Iniziamo dalle parole nuove. Aspi sta per Assicurazione Sociale Per l’Impiego, e sostituisce tutti i sussidi dati ad oggi a chi non ha un lavoro, tranne la cassa integrazione ordinaria (ovvero, quella destinata ai dipendenti di aziende in difficoltà temporanea) e parzialmente quella straordinaria (quando le aziende si trovano in difficoltà grave). La durata è di 12 mesi fino ai 58 anni, 15 per i più anziani. L’importo potrà arrivare fino a 1.119 euro, così composti: il 75% dello stipendio, fino alla retribuzione di 1.150 euro, più il 25% del resto, fino al massimale. Dopo sei mesi il contributo scenderà del 15%, e di nuovo nella stessa misura dopo un altro semestre. 

 

Dal punto di vista del lavoro a tempo determinato, si introducono vincoli maggiori: aumentano i contributi previdenziali, e il contratto non potrà essere sciolto senza un valido motivo prima della scadenza. Per i lavori occasionali, a chiamata o su voucher (buoni lavoro con valore predeterminato), si impone la comunicazione amministrativa, nell’intenzione di limitarne l’abuso. Nella stessa direzione va la regolamentazione delle false partite Iva, utilizzate soprattutto nelle piccole aziende anche in caso di lavoro, di fatto, dipendente, per ragioni di risparmio fiscale: tale rapporto verrà parificato al lavoro subordinato, quando il lavoratore è impiegato nell’azienda per più di sei mesi, e da questa ottiene il almeno il 75% delle proprie entrate.

 

Infine, il doloroso articolo 18. La modifica importante è sull’obbligo di reintegro: se un lavoratore viene licenziato per ragioni disciplinari (furto, comportamento scorretto) senza giustificazione, con il nuovo ordinamento non ha automaticamente diritto a rientrare in azienda. La decisione, come avviene in Germania, è delegata al giudice, che può proporre in alternativa un indennizzo economico. Nel caso di licenziamenti discriminatori (per motivi razziali, di genere, o politici), invece, non cambia nulla – resta l’obbligo a riassumere il dipendente. Viene abolito il reintegro in caso di licenziamento per motivi economici, ovvero di opportunità economica per l’azienda, sostituito da un indennizzo. Il rischio di questa impostazione sta, naturalmente, nella motivazione dichiarata dal datore di lavoro. 

 

Il testo prevede anche tutele e attenzioni nei confronti delle persone più deboli. La cassa integrazione straordinaria (che, ricordiamo, non verrà del tutto sostituita dall’Aspi) viene estesa, si introduce l’obbligo del congedo di paternità. Si tutelano i lavoratori anziani (a meno di 4 anni dalla pensione) che perdono l’occupazione con una “cornice giuridica per l’esodo”, a carico principalmente delle aziende e in accordo con i sindacati, che permetterebbe di corrispondere al lavoratore un contributo pari alla pensione prevista, fino all’effettivo momento del ritiro dal mondo del lavoro. 

25/03/2012
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