Breve prontuario di intercettazione (e giornalismo dissidente)

Immaginate di essere un pubblico ministero e di avere bisogno di mettere sotto controllo un telefono. Dovete, come prima cosa, avere delle prove inconfutabili della colpevolezza di chi viene intercettato (prove, ovviamente, non derivanti dalle intercettazioni). Poi, chiedete l’autorizzazione a tre diversi giudici per le indagini preliminari di tre tribunali diversi, e attendendo i tempi burocratici conseguenti. Se vi serve mettere una microspia, dovete avere la certezza assoluta si essere in presenza di un latitante. E di non imbattervi in uomini di Chiesa, agenti dei servizi segreti o parlamentari (e loro parenti e amici), nel qual caso dovete subito fare rapporto. Tutto questo, dovete anche farlo molto in fretta, perchè dopo un mese dovrete essere sufficientemente convincenti da farvi dare una proroga.


Faticoso? Lo sarà, se passa il ddl sulle intercettazioni che si sta discutendo in Parlamento in sedute notturne, mentre il mondo della stampa e della società civile è in mobilitazione. L’altro punto toccato dalla legge riguarda infatti i giornalisti: carcere e multe proibitive nel caso pubblicassero atti ufficiali (anche riassunti) o intercettazioni prima dell’inizio di un processo. Multe anche per i loro editori.


L’intero mondo del giornalismo trasuda insofferenza. Santoro ha lasciato gli schermi televisivi con un discorso di venti minuti in cui parla della sua sostanziosa liquidazione – vista da occhi miopi come una corruzione, un tradimento della libertà di espressione da parte del suo ultimo baluardo – e del rapporto con gli spettatori. Maria Luisa Busi lascia la conduzione del Tg1 con una lettera appassionata, in cui critica la linea editoriale del Tg1, colpevole di trascurare l’Italia vera per proporci la sua versione patinata e spensierata. L’Italia del Tg1 è un’Italia che si preoccupa principalmente della prova costume e di cosa cucinare nell’occasione di turno, o di qualche simpatica impresa di coccodrilli australiani. Spariti dalla narrazione del nostro Paese la disoccupazione, le difficoltà delle donne, i giovani senza prospettive.


Aggiungerei: laddove si parla di cose serie, niente fatti. Solo opinioni. Repubblica ha inviato un comunicato stampa a tutti i direttori dei principali giornali europei spiegando la situazione, e chiedendo supporto. La Federazione europea dei giornalisti, riunita a Berlino, ha risposto con un documento in cui si definisce il disegno di legge “contrario alle convenzioni internazionali e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo” ed esprime la sua solidarietà ai giornalisti italiani e l’invito al governo a ritirare il ddl o “modificarlo profondamente”.

26/05/2010
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