Brasile: lavoratori senza terra e fazendeiros con l´impunità

Da quando è iniziata la colonizzazione europea, nelle campagne brasiliane si combatte ogni anno una vera e propria guerra. L´obiettivo è uno solo: mettere le mani sulle risorse naturali del Paese. Da una parte ci sono i grandi fazendeiros, cioè i grandi proprietari terrieri al servizio delle imprese multinazionali, dall´altra milioni di lavoratori agricoli che vivono grazie ai frutti della terra. Sono i cosiddetti senza-terra: piccolissimi proprietari terrieri, contadini e lavoratori agricoli di ogni genere che chiedono da decenni una riforma agraria che ridistribuisca la terra in maniera equa. Attualmente il 57% delle terre del Brasile è in mano al 2,8% della popolazione. Uno squilibrio gigantesco contro il quale si batte anche la Commissione Pastorale della Terra, un´organizzazione ecclesiastica che dal 1975 aiuta i lavoratori dei campi.

Tutt´oggi, le campagne brasiliane sono un gigantesco campo di battaglia sul quale si fronteggiano due diverse visioni: quella capitalista che considera le risorse naturali appena come una fonte di lucro e quella dei lavoratori e delle comunità locali che lottano per la salvaguardia della terra come mezzo di sostentamento della popolazione. Sostanzialmente cercano di impedire il disboscamento selvaggio, la pesca senza controllo, l´inquinamento di fiumi e laghi e chiedono condizioni di lavoro più giuste.

Questa battaglia non è solamente ideologica, ma anche fisica: lascia sul campo ogni anno decine di morti. Nel 2010 in tutto il Paese si sono verificati 1.186 conflitti, praticamente una media di quattro al giorno: proteste, manifestazioni, blocchi stradali e occupazioni. Gli omicidi invece sono stati 34. Solo nello Stato settentrionale del Pará sono stati cinque dall´inizio dell´anno: l´ultimo il 9 giugno, quando Obede Loyla Souza, di 31 anni, è stato ucciso con un colpo di fucile. Insieme ad altri abitanti aveva discusso all´inizio dell´anno con alcuni imprenditori del legno. Sempre l´anno scorso, i tentativi di omicidio sono stati 55, le persone minacciate di morte 125 (tra cui molti membri delle organizzazioni non governative), 4 le persone torturate, 88 gli arrestati e 90 gli aggrediti.

Le regioni amazzoniche, le più ricche dal punto di vista naturale, sono quelle in cui si concentra la maggior parte degli episodi di violenza. A causare le rivolte sono spesso le condizioni di schiavitù in cui i lavoratori agricoli sono costretti a vivere: i proprietari terrieri li prelevano e li portano a lavorare in località distanti. Pagano loro il viaggio e l´alloggio costringendoli a contrarre debiti che dovranno ripagare lavorando nelle fazendas. Le libertà individuali sono limitate, vengono minacciati e picchiati per compiere il proprio lavoro. Il cibo devono comprarlo dentro la fazenda in modo da alimentare il debito verso il padrone. Nel 2010, secondo la Commissione Pastorale della Terra oltre 4.000 brasiliani vivevano in tale condizione, 66 di loro erano minori. Tuttavia non si conosco i numeri esatti del fenomeno: c´è omertà e moltissimi non denunciano, anche perchè spesso molti lavoratori, dopo essere stati liberati grazie all´aiuto delle organizzazioni, tornano a fare lo stesso lavoro per mancanza di alternative.

I numeri esatti invece sui crimini impuniti li conosce il governo federale che nei giorni scorsi ha rivelato dati impietosi su alcune regioni del nord del Brasile. Per citare degli esempi, nello Stato del Pará il 98% dei 219 omici commessi negli ultimi 10 anni è rimasto impunito. Il 61% non è stato nemmeno investigato. Nel Mato Grosso la situazione è analoga: il 90% dei delitti sono rimasti impuniti, mentre in Rondonia l´87%.

Secondo Michel Misse, professore dell´università federale di Rio de Janeiro, esisterebbe “una rete che collega gli operatori del sistema penale, come poliziotti, giudici e pubblici ministeri al sistema criminale”, un potere talmente forte che gli operatori indipendenti non riuscirebbero a contrastare. La strada, dunque, è ancora in salita, ma secondo la CPT basterebbe una legge che fissasse dei limiti al possesso della terra. Questo avrebbe conseguenze su 50mila persone, ma libererebbe 200 milioni di ettari di terra da distribuire a milioni di lavoratori. E metterebbe fine ad una sanguinosa guerra rurale che prosegue da secoli.

23/06/2011
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