Ballottaggi: il giorno dopo


Ho provato a chiamare un amico a Napoli stamane e ha risposto: “Qui è pegg’ che a capodann!”.

Per non avere scrupoli ne ho chiamato un altro, di fede interista, a Milano. “Manco l’altro anno per il triplete c’era ‘sto casino” ha commentato.

Ho chiamato anche un’amica a Novara, l’unica parola che sono riuscito a comprendere della telefonata è stato il ‘pronto‘ iniziale. Per il resto erano solo risate.

Fortunatamente non ho amici ad Arcore.

Tralasciando gli stati emotivi e i parallelismi sportivi, i numeri del giorno seguente ai ballottaggi dicono che il centrosinistra ha ripetuto la sberla di due settimane fa. Anzi, questo sembra il manrovescio di ritorno, forse anche più violento. Perchè fa più male al Nord, territorio da anni assoggettato alle politiche di centrodestra: la leghista Novara e Domodossola, Cassano d’Adda, Nerviano, Pioltello, Rho, San Giuliano Milanese, Malnate, Desio, Limbiate, Mantova, Pavia, Gallarate, Arcore!

E ancora Trieste, Pordenone, Monfalcone, Chioggia. Per non parlare di Milano.

Il Nord produttivo che fino a qualche anno fa si riconosceva nella guida di un presidente/imprenditore ha trattenuto il matitone dentro all’urna e barrato una casella che da anni non era ‘maggioranza’. A Milano non si vedeva un governo di sinistra da 18 anni.

Ma non solo a Nord. Quello per De Magistris (65,4%) a Napoli è sembrato quasi un plebiscito, e anche a Cagliari l’impressione è che il sindaco Zedda (Sel) abbia fatto un miracolo: dal 1992 la destra passava sempre al primo turno. E anche Crotone, Cosenza e Grosseto.

Senza dimenticare al primo turno Torino e Bologna.
Iglesias, Varese e Rovigo sono andate invece al centrodestra.

Sommariamente l’impressione di queste ultime due settimane è che molti italiani, del Nord e del Sud, imprenditori e precari si siano resi conto che in Italia, con questo governo e questa opposizione non esistono da tempo programmi a lungo termine. Il populismo si è ormai imposto e pochi leader politici osano chiedere agli elettori, da tempo viziati, sacrifici attuali per ottenere benefici stabili e futuri. Si è da troppo tempo in attesa di un rinnovamento: staremo a vedere. Nel frattempo, da oggi, parlando con la gente pare che gli scontenti siano pochissimi, quasi che non esistano. E questo è un fatto che in Italia è geneticamente anomalo.

L’impressione è che la ‘maggioranza’ a questo punto si sia un po’ ristretta.

31/05/2011
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