#aufschrei: social network o social movement?
I social network sono un mondo virtuale nel quale si replicano, spesso, le dinamiche della vita reale. Così, modalità di interazione più o meno violente, dibattiti, scambi di informazione forse più rapidi di una chiacchierata si moltiplicano sulle piattaforme più note e vengono rimbalzate alla velocità della luce. Il percorso classico che seguono le informazioni su internet va dai media comuni ai social network: generalmente giornali e tv riportano notizie su quanto accaduto nel mondo e queste vengono rimbalzate nella rete dagli utenti, più o meno interessati a leggere effettivamente il contenuto di ciò che sta negli articoli.
Ma non è sempre così: in Germania, tra il 25 ed il 28 gennaio dello scorso anno, si è verificato un fenomeno contrario. A partire da una conversazione tra gli utenti Anne Wizorek (@marthadear) and Nicole Horst (@vonhorst), è stato lanciato su Twitter l’hashtag #aufschrei (in italiano letteralmente #strillare). Il tema della discussione era il sessismo nei confronti delle donne. Dal momento in cui è stato lanciato, fino ai due giorni successivi, l’hashtag è stato utilizzato circa 58.000 volte, dieci volte al minuto. Molto rapidamente il fenomeno è dilagato, ed hanno iniziato a twittare ragazze che hanno subito violenze o discriminazioni, giovani interessati al tema, persone che linkavano vecchi articoli sul tema e così via. Il fenomeno è stato così dirompente che dal giorno seguente i media tradizionali hanno iniziato a riportare la notizia: dibattiti, servizi sul tema, si sono susseguiti dividendosi fra chi prestava attenzione al fenomeno #aufschrei e chi al tema del sessismo genericamente inteso.
La faccenda ha destato l’attenzione anche della comunità scientifica. In particolare due giovani sociologi tedeschi, Julia Wustmann e Paul Eisewicht hanno iniziato a studiare il fenomeno sotto la lente della sociologia della comunicazione, chiedendosi se l’#aufschrei potesse o meno considerarsi un movimento sociale ed avesse aperto una nuova frontiera per le battaglie sociali, ed hanno portato i risultati della loro ricerca al Convegno di Sociologia che si è tenuto a Torino a fine agosto.
Innanzitutto hanno studiato a fondo il tema: hanno classificato i tweet con l’hashtag #aufschrei, scoprendo che la percentuale di spam era stata relativamente alta ma che comunque la maggior parte dei tweet era a tema. Inoltre, hanno analizzato il fenomeno dei media tradizionali, cercando di capire come mai un fenomeno legato esclusivamente ad un social network sia stato ripreso in così larga scala, e la risposta risiede certamente nella consapevolezza della centralità del tema. Infine, si sono guardati intorno: politici e personaggi di spicco della vita pubblica tedesca hanno iniziato a rilasciare dichiarazioni sul tema del sessismo, pur non essendosene mai interessati in passato.
Dopo pochi giorni, però, il fenomeno su Twitter si è affievolito fino a scomparire. La conclusione di Wustmann e Eisewicht è che l’hashtag abbia avuto una tale rilevanza immediata da aver spento molto presto gli entusiasmi degli interessati, e come tutti i fenomeni mediatici è stato presto accantonato. Quindi non sembra aver avuto la rilevanza che si sperava nel momento del boom: di fatto, la rivolta di Twitter è stata contenuta in un arco di tempo troppo breve per poter diventare davvero un movimento di cambiamento, anche se sicuramente ha permesso alla Germania di porre più attenzione al tema.