Palermo verso il voto

 

« Tutto questo non dovrebbe poter durare; però durerà, sempre; il sempre umano, beninteso, un secolo, due secoli …; e dopo sarà diverso, ma peggiore. Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra. »

 

Le parole di Giuseppe Tomasi di Lampedusa sembrano quanto mai attuali, per la politica palermitana delle ultime settimane. Il nodo sono le elezioni primaverili per la poltrona di sindaco. Quasi un mese fa, le primarie del centrosinistra, chiamano 30mila palermitani ai seggi, per decidere il candidato sindaco: una delle concorrenti è Rita Borsellino, sorella del magistrato Paolo, sostenuta ufficialmente dal PD e altri pezzi di sinistra e società civile. Rita perde le primarie, per un fazzoletto di voti, contro Fabrizio Ferrandelli, ex consigliere comunale Idv, in rotta col partito, sostenuto da alcuni esponenti nazionali del Partito Democratico, come Lumia e Crocetta. Le primarie hanno una coda al veleno, arriva l’accusa di brogli, si invocano riconteggi e annullamento. Le verifiche del caso confermano l’esito dello scrutinio: Ferrandelli è il vincitore, seppur di misura e con l’annullamento dei voti del seggio dello Zen.

 

A questo punto, nella migliore tradizione gattopardesca siciliana (spesso molto italiana), arriva Leoluca Orlando. Il già tre volte sindaco (dal 1985 al 1990 e dal 1993 al 2000), che aveva sostenuto la Borsellino durante le primarie, si lancia nella sfida, annunciando la sua candidatura, in aperto contrasto con il risultato delle primarie. Orlando alimenta la spaccatura nel centrosinistra, potendo contare sui voti dell’Idv, dei Verdi, della Federazione della Sinistra, oltre a quelli (lui si augura),  di tanti cittadini che ancora gli affidano credito e popolarità.

Vedremo come finirà. Certo, si può dire, quanto è perversamente complicata la politica siciliana. Per adesso ci sono 11 candidati alla poltrona di primo cittadino, forse un po’ troppi. Il sindaco uscente, Diego Cammarata (Pdl) si è dimesso a inizio anno, tra i fischi di entrambi gli schieramenti (anche il governatore Lombardo lo criticò aspramente), per una gestione dissennata del bilancio. Non sono buoni segnali, questi.

 

La candidatura di Orlando non aiuterà, se nasce sotto questi auspici. In primis, perchè rompe il tentativo di unità del centro sinistra, aprendo la strada a un disastro elettorale. Il secondo, simbolicamente forse ancor più grave, è che la sua discesa in campo sa di minestra riscaldata. Orlando, è bene ricordarlo, si era candidato anche nel 2007 e aveva perso. Era stato anche il candidato per presidenza della regione Sicilia, nel 2000, e anche qui aveva perso contro Totò Cuffaro. Orlando, cresciuto nella Dc, poi tra i fondatori della Rete, passato alla Margherita e oggi all’Italia dei Valori, è sempre stato uno spirito libero e un politico determinato. Ma anche l’uomo che criticò Falcone, accusandolo di tenere nascoste carte compromettenti, nei propri cassetti, su delitti eccellenti. Forse un politico che ha fatto il suo tempo, che avrebbe dovuto anteporre il suo ego all’unità del suo schieramento. Forse andava sostenuto un volto nuovo, non cedere a logiche passate, rispettare l’esito delle Primarie (che sempre si invocano come strumento di democrazia!).

 

Perchè tutto questo ha molto il sapore di Lampedusa. E forse Palermo non può più permetterselo.

24/03/2012
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