La Torino che vogliamo


Sabato 13 novembre, dalle h. 11 alle 13.30, la Fabbrica di Nichi di Torino ha occupato una piazzola pedonale adiacente al parcheggio del Cortile del Maglio del Balôn, all’imbocco di via Borgo Dora, per ospitarvi un’iniziativa pubblica dal titolo «Scendi! Le sedie per l’integrazione e la libertà di culto».

Davanti a un centinaio di persone i “fabbricanti” hanno invitato sette relatori a dialogare sui temi del pluralismo religioso, della tutela e della promozione del diritto costituzionale alla libertà di culto a partire dalla discussione di un fatto specifico, il travagliato trasferimento dell’“Istituto islamico moschea della pace” dalla sua sede attuale di c.so Giulio Cesare a un più ampio, consono e dignitoso immobile situato in via Urbino.


Al centro del dibattito, la denuncia pubblica delle resistenze incontrate da questa comunità musulmana, che, a distanza di quasi un anno dalla presentazione della domanda e nonostante lo scrupoloso rispetto di tutte le procedure giuridiche e amministrative, ancora non può disporre dei locali, da essa regolarmente acquistati, per celebrare il culto e svolgervi le sue attività sociali; si è segnalato come tutte le difficoltà nascano dall’opposizione mossa in sede di consiglio comunale dalla minoranza leghista, che, avanzando insistenti richieste di supplementi di istruttoria, ha agito in modo da ostacolare questo trasferimento, rallentandone l’iter burocratico al solo fine di contrastare l’esercizio di un diritto fondamentale costituzionalmente proclamato (articoli 3. 8. 18. 19. 20).


Sono intervenuti Ilda Curti (assessore comunale alle politiche per l’integrazione), Mariachiara Giorda, don Fredo Olivero (direttore regionale dell’ufficio diocesano per la pastorale dei migranti), Abdelaziz Khounati (imam
responsabile dell’“istituto islamico moschea della pace”), Davide Rostan (pastore valdese ed ex
direttore del “Centro ecumenico agape”), una esponente della sezione torinese dell’associazione “Giovani musulmani d’Italia”, Tullio Monti (coordinatore della “consulta torinese per la laicità delle istituzioni”).


Il presidente della comunità ebraica di Torino, Tullio Levi, ha manifestato la sua solidarietà inoltrando un messaggio cui è stata data pubblica e integrale lettura da parte di un portavoce della Fabbrica di Nichi.

Torino è una città multireligiosa e la comunità musulmana è rappresentata da circa 35.000 persone che vivono nei quartieri di questa città, una comunità composta da marocchini, egiziani, tunisini, senegalesi, albanesi e uomini e donne provenienti da altre numerose nazioni.

Si tratta di una comunità composita, che fino ad oggi ha continuato a trovarsi in sale di preghiera ricavate da garages, magazzini, cortili, capannoni, non certo definibili come moschee. Questo quanto accade dal 1989, anno di apertura della prima sala di preghiera nella zona di San Salvario.

Ma se la libertà di culto ha come pilastro fondamentale anche il diritto di praticare la propria religione in pubblico e
in privato e prevede dunque la possibilità di un luogo adeguato e riconoscibile per le celebrazioni, non dovrebbe essere un normale esercizio di democrazia la possibilità di trovare e allestire uno spazio ufficiale per una delle religioni maggiormente presenti sul territorio?


Torino che si muove in questa direzione, mettendo in atto i processi che porteranno alla apertura della moschea di via Urbino, è la Torino che vogliamo e in cui vogliamo vivere.

18/11/2010
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