#10 Diario Europeo – Populismi ed euroscetticismi

a Cura del Centro Studi di Acmos
La Fondazione Hume ha condotto uno studio sui partiti e movimenti euroscettici e/o populisti in Europa (si veda il dossier sul sito de Il Sole 24 ore).

Vengono definiti tali (e indicati con la sigla ESP) “qualsiasi partito, forza politica o movimento che abbia ottenuto almeno un seggio in almeno una delle due ultime elezioni (2009 e 2014) del Parlamento europeo, e presenti tratti populisti o euroscettici”. Oggi un parlamentare europeo su tre fa riferimento a forze politiche di matrice euroscettica o populista: i ricercatori osservano che non sempre i due termini coincidono (in prima approssimazione potremmo dire che gli euroscettici protestano contro gli organismi sovranazionali, che hanno indebolito le sovranità nazionali; i populisti protestano contro le élites politiche o economiche nazionali); inoltre in entrambi i casi questi partiti possono essere o di destra o di sinistra. In alcuni Paesi queste forze superano il 50% dei consensi, in altri hanno un peso minimo; anche geograficamente non si intravvede nessuna regolarità.

Perché si possa definire “populista” un movimento la Fondazione Hume propone tre caratteristiche: 1) l’idea di una democrazia in cui il popolo controlli la politica; 2) la presenza di un leader carismatico, portavoce delle esigenze popolari; 3) programmi fondati sul buon senso che offrono soluzioni semplici (e vaghe) a problemi complessi.

Quanto ai fattori che hanno provocato la crescita di queste forze politiche “esistono due chiavi di lettura principali, fortemente inquinate dalle convinzioni politiche di ciascuno. A destra, l’avanzata populista tende ad essere attribuita alla ‘invasione’ degli immigrati, a sinistra alle politiche di austerità”. Lo studio cerca invece di affidarsi all’analisi statistica di una serie di indici oggettivi per sfuggire ai condizionamenti ideologici: la conclusione è che un primo fattore è da individuarsi nella crisi finanziaria ed economica ed un secondo nell’immigrazione, dove pesa  «più la preoccupazione per gli stranieri che la loro pericolosità effettiva»; tale preoccupazione ultimamente si è colorata anche delle tinte della paura per il terrorismo.

Nel suo commento alla ricerca, Luca Ricolfi (Il cocktail populista tra crisi e paura, “Il Sole 24 ore” 6.11.16) insiste sul fatto che dal punto di vista economico è in particolare la crisi occupazionale a fornire la benzina ai movimenti populisti, a cui si aggiunge la paura del diverso, “spesso pensato come terrorista prima ancora che come immigrato”. Questo cocktail spiegherebbe perché il populismo, come risposta alle angosce prodotte dalla perdita dei posti di lavoro e dal terrorismo, abbia avuto successo anche nell’America di Trump e non solo in Europa.

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#5 – Frontiere e nazionalismi

#6- Bruxelles “cuore” d’Europa

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#9 – Ventotene 2016

20/11/2016
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