Verso le elezioni, ultima parte: 2011-oggi

Ultimo capitolo dell’approfondimento, a cura del Centro Studi Streben, sulla storia della Seconda Repubblica.

 

Con le dimissioni di Berlusconi, novembre 2011, Napolitano chiamò Mario Monti, economista e già commissario europeo, a formare un nuovo governo, di profilo tecnico, con l’appoggio di buona parte dell’arco parlamentare. Il governo Monti rimarrà in carica fino alla scadenza naturale della legislatura, nel 2013 e si contraddistinse, non senza polemiche, per il marcato interventismo sulle riforme economiche: venne subito varata la cosiddetta Riforma Fornero (dal nome della ministra del lavoro e delle politiche sociali Elsa Fornero), che mirava a equilibrare la spesa pensionistica e mettere in sicurezza i conti previdenziali. Una riforma delle pensioni (all’interno di un più ampio decreto governativo anticrisi) che fu molto criticata, ma ritenuta necessaria e votata da quasi tutto il Parlamento. Nel novembre 2012 fu approvata la Legge Severino (dal nome della ministra della Giustizia), in tema di prevenzione e repressione della corruzione.

Alle elezioni del 2013, lo scenario si era nel frattempo frammentato ulteriormente e complicato. Il centrodestra si affidava nuovamente a Berlusconi, tenendo insieme la Lega Nord ed ex esuli di An e altri gruppi di estrema destra (nacquero “Fratelli d’Italia” e la “Destra”); Monti fondò un polo di centro, “Scelta civica” in cui confluirono Futuro e Libertà di Fini ed ex democristiani come Casini. La sinistra radicale con il nome di “Rivoluzione civile” aveva come leader l’ex magistrato Antonio Ingroia. Partito democratico e Sel (sinistra ecologia e libertà, nata dall’ennesima scissione di Rifondazione comunista), vide l’accordo tra Bersani e Vendola, per l’alleanza che venne definita “Italia Bene Comune”. Ma il vero fattore di novità fu il Movimento 5stelle, nato dal blog di Beppe Grillo qualche anno prima, che per la prima volta correva da solo alle elezioni nazionali, dopo aver eletto già alcuni sindaci, come a Parma, con Federico Pizzarotti. Il m5s si caratterizzava come movimento antisistema e anticasta, cavalcava l’onda di delusione dell’elettorato, metteva come parola d’ordine del suo agire l’onesta, a fronte di una classe politica ritenuta corrotta o inefficiente. Difficile collocarlo precisamente in uno degli orizzonti classici della politica italiana (inutilizzabile la dicotomia destra/sinistra), non ha caso la scelta di correre da soli, senza alleanza o in coalizione.

Il m5s fu la sorpresa delle elezioni, riuscendo addirittura a piazzarsi primo, come partito, per voti alla Camera, ma le coalizioni del centrodestra e del centrosinistra si trovarono in sostanziale pareggio con il movimento di Grillo, mentre Rivoluzione Civile come Scelta Civica si rivelarono un flop, con la prima che non passò la soglia di sbarramento e la seconda che riuscì, ma senza raggiungere le aspettative sperate.

Senza una vittoria netta, Napolitano chiese a Bersani di verificare le condizioni per creare un governo, ma il M5s chiuse la porta alla proposta della coalizione Italia bene comune, lasciando il leader Pd nell’impossibilità di formare un nuovo esecutivo. In aprile le elezioni del Presidente della Repubblica registrarono lo psicodramma dei “101 franchi tiratori” che impallinarono la candidatura di Romano Prodi al Quirinale. I principali partiti chiesero e ottennero che Giorgio Napolitano si ricandidasse, caso più unico che raro nella storia repubblicana. Napolitano rieletto, chiese ad Enrico Letta, esponente del Pd e dell’Ulivo della prima ora, di formare un nuovo governo: nasceva così un esecutivo di larghe intese, che teneva dentro il Pd e il centrodestra, oltre che i centristi di Monti e altre piccole sigle, con invece Lega, Sel, M5s all’opposizione. Letta rimarrà in carica per meno di un anno, vedendo mutare la sua maggioranza politica: infatti in estate Berlusconi fu condannato a 4 anni per frode fiscale, con sentenza definitiva, incorrendo nella decadenza da senatore per effetto della legge Severino. Forza Italia passò all’opposizione, ma una sua corrente interna che faceva capo ad Angelino Alfano (all’epoca ministro degli Esteri) diede vita al “Nuovo centro destra”, sostenendo l’esecutivo di Letta. Quest’ultimo sarà costretto alle dimissioni dalla direzione nazionale del suo stesso partito, che nel frattempo aveva visto affermare la leadership di Matteo Renzi, eletto segretario del PD, nel dicembre del 2013, dopo aver vinto le primarie. Letta si dimise nel febbraio del 2014 e Napolitano affidò proprio a Renzi il compito di formare un nuovo governo, ancora di larghe intese, ma senza più la presenza di Forza Italia e con il supporto del NCD di Alfano. Il governo Renzi cercherà l’interlocuzione con Forza Italia, con quello che sarà definito “Patto del Nazareno”, che aveva contava su una cooperazione per riformare la legge elettorale, la Costituzione e vedeva anche un accordo per l’elezione del presidente della Repubblica successore di Napolitano (il quale aveva già annunciato l’intenzione di dimettersi prima della fine del settennato, anche per l’avanzata età raggiunta). Il patto si ruppe proprio sulle nuove votazioni per il Quirinale, nel gennaio del 2015, a seguito delle dimissioni di Napolitano, qualche settimana prima e che portarono alla presidenza della Repubblica, Sergio Mattarella, già ministro e vicepremier, nei governi dell’Ulivo. Il Governo Renzi godrà dell’appoggio dell’ex senatore di Forza Italia Denis Verdini, fuoriuscito dal partito di Berlusconi, che dando vita al partito “Ala”, sosterrà l’esecutivo di Renzi. Renzi rimase in carica fino alla bocciatura del referendum costituzionale, nel dicembre 2016, con il 60% dei voti contrari. A seguito di ciò, Mattarella affidò a Paolo Gentiloni l’incarico di formare un nuovo governo, che è rimasto in carica fino a conclusione della Legislatura (le Camere sono state sciolte a fine dicembre 2017 e le nuove elezioni sono state indicate per il 4 marzo 2018).

Difficile dare un giudizio di questi ultimi anni, perché troppo recenti. Certo il Governo Renzi sarà ricordato per il Job’s Act, per la riforma della Scuola (entrambe molto criticate), ma anche per la legge sulle Unioni Civili, oltre che per una serie di provvedimenti importanti nel contrasto alle mafie e alla criminalità: reati ambientali inseriti nel codice penale, legge sul caporalato, riforma del 416 ter (voto di scambio mafioso), legge sui testimoni di giustizia, 21 marzo giornata nazionale delle vittime di mafia, codice antimafia… Il governo Gentiloni è riuscto a far approvare una legge sul biotestamento, lo scorso autunno, ma non quella sullo Ius Soli, scatenando polemiche sulla gestione dell’immigrazione, il cui simbolo nell’ultimo anno, pur con aspre critiche da molti fronti, è stato il ministro dell’Interno Marco Minniti. Più in generale, questa XVII legislatura è stata certamente una tra le più partecipate da esponenti della società civile eletti in Parlamento, con una serie di provvedimenti riguardanti proprio i temi sociali: la riforma del terzo settore e dell’impresa sociale, quella del 5 e dell’8xmille, l’introduzione del reato di tortura, una legge sui minori non accompagnati e una contro il cyberbullismo, la chiusura degli Opg e tante altre.

Si vota tra pochi giorni, con una nuova legge elettorale che è stata definita Rosatellum (approvata lo scorso autunno), dopo che la Corte Costituzionale aveva in parte abrogato la legge voluta dal Governo Renzi (approvata nel 2015 e rivista con sentenza costituzionale nel febbraio 2017). Il Rosatellum è un misto di proporzionale e maggioritario e vedremo per la prima volta che esiti produrrà a partire dal 5 marzo.

Buon voto a tutti.

27/02/2018
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