Sorry we missed you

A Newcastle, Ricky e la moglie Abby vivono con i figli, la piccola Liza e l’adolescente Sebastian. La donna fa la badante a persone in difficoltà, spesso anziane, con orari massacranti e giornate infinte. Ricky decide, per far fronte alla situazione economica delicata della famiglia, di indebitarsi per comprare un furgone e cominciare a fare consegne di pacchi da free-lance. In breve tempo, anche i ritmi lavorativi dell’uomo diverranno serrati, sottraendo tempo e attenzione ai suoi cari: in particolare con Sebastian, poco incline ad andare a scuola e più propenso a fare graffiti sui muri con gli amici, il conflitto esploderà pesantemente, alimentando un circolo vizioso sempre più difficile da interrompere. Ma c’è davvero un’alternativa?

A 83 anni, Ken Loach dirige l’ennesimo film scritto dal fido Paul Laverty, per raccontare nuovamente di precariato, emarginati, mercato tiranno, società del profitto e dell’indifferenza. E come al solito non alza la voce, ma coinvolge lo spettatore, cogliendo le emozioni reali della vita quotidiana. Il titolo originale, una volta tanto non tradotto in italiano, si può leggere in una duplice e bellissima allusione, reale e metaforica: è sì il biglietto che viene lasciato ai destinatari di pacchi che non sono rintracciati a casa, ma può significare la mancanza (in senso lato di affetto, di presenza, di calore, di umanità) che soffrono i quattro componenti della famiglia, per le scelte cui sono costretti, soprattutto gli adulti, ma che si riflettono su tutti, in particolare i più piccoli. Ottimo cast di attori, abbastanza sconosciuti in Italia. La coppia Loach-Laverty è di un’amarezza che strugge il cuore, ma sa anche scaldarlo, farci sorridere, commuovere. In una parola, è un film necessario.

Da domani nelle sale. Buon anno!

01/01/2020
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