
Software libero
Il concetto di software libero discende naturalmente da quello di libertà di scambio di idee e di informazioni e la sua complessità è dovuta dal fatto che come come le idee, il software permea il tessuto sociale e lo influenza; produce effetti etici, economici, politici e in un senso più generale culturali. Le potenzialità del software libero sono state recepite da numerose pubbliche amministrazioni in Europa e nel resto del mondo: Monaco, Estremadura, Francia, Brasile.
La prima città italiana a sposare la filosofia del software libero è proprio Torino, che lasciandosi alle spalle Microsoft si è liberata in primis da quelli che sono i costi delle licenze informatiche. A raccontarci in modo più dettagliato di quelli che sono i vantaggi e le difficoltà di questo passaggio è Roberto Guido, Direttore Italian Linux Society.
Roberto, quali sono i vantaggi per la PA nel passare a un sistema operativo libero?
In molti sbandierano la chimera dei forti risparmi e dei costi tagliati,
argomenti particolarmente in voga in epoca di “spending review”, ma la
verita’ e’ un’altra. Sinora sono stati spesi milioni di euro in licenze
a vantaggio di una multinazionale statunitense (in sostanza: per pagare
ricerca e sviluppo ad altri, senza nessuna ricaduta sul territorio ne’
investimento a breve, medio o lungo termine), domani quegli stessi soldi
– o parte di essi – potranno essere impiegati per fornire ai dipendenti
del Comune nozioni ed istruzioni su come usare al meglio gli strumenti
informatici in dotazione ed incrementare la produttivita’ del servizio
reso al cittadino. Cosa non da poco, considerando che fino ad oggi il
personale e’ stato abbandonato a se’ stesso partendo dal falso
presupposto che “Tanto lo usano tutti”: certo non ci si puo’ lamentare
della lentezza della burocrazia se l’impiegato di turno impiega mezza
giornata per formattare un documento (sia con Office o LibreOffice), non
avendo mai ricevuto una singola ora di formazione tecnica.
Del resto, basta una rapida occhiata alle differenze esistenti tra
Windows XP – attualmente in uso presso il Comune – e Windows 8 per
intuire che se qualcuno aveva davvero la pretesa di operare lo switch
tra i due su 8000 postazioni senza garantire una minima assistenza ai
funzionari aveva certamente fatto male i conti.
Monaco è stata la prima tra le grandi città europee a completare la migrazione verso il softwer libero, ora pare voglia fare un passo indietro. E’ possibile inoltre fare un confronto con Torino?
Innanzitutto, una premessa: sul “passo indietro” di Monaco e’ stato
costruito un caso mediatico alquanto ambiguo. Ai fatti c’e’ stata una
dichiarazione del sindaco neo-eletto, la cui campagna elettorale e’
stata riccamente sponsorizzata da Microsoft, da cui l’intero Consiglio
Comunale (ivi compresi membri del suo stesso partito) hanno preso le
distanze. Peccato che sui giornali sia passata solo l’uscita del
personaggio, e non le repliche che ha ricevuto. [NdR: Per ulteriori approfondimenti sul caso Monaco: http://ur1.ca/i8tl7, http://ur1.ca/i8tl8
Monaco e’ diventata la Caporetto di Microsoft, che da anni si strugge in
una pesante contro-attivita’ lobbistica. Per fortuna vana: le
motivazioni del comune tedesco sono di carattere politico, non
economico, e su quelle la multinazionale americana ha poco da fare se
non, appunto, veicolare sui media un messaggio artefatto atto a
dissuadere tutti gli altri.
È arduo fare parallelismi tra i due casi, anche e soprattutto perché
lo scenario torinese e’ ancora in fase di definizione dunque difficilmente comparabile con altri contesti
Le precondizioni sono certamente molto diverse. Politicamente, da noi e’
assai meno percepita la necessita’ di indipendenza tecnologica nei
confronti degli USA (fattore che invece e’ stato determinante a Monaco,
e si e’ rivelato profetico alla luce del piu’ recente scandalo PRISM).
Tecnicamente, l’implementazione fattiva del progetto sabaudo e’ nelle
mani di un soggetto specializzato, il CSI Piemonte, consorzio pubblico
facente capo alla Regione Piemonte che amministra i sistemi informativi
di tutti i nostri capoluoghi di provincia e svariati altri enti.
Quale può essere la distribuzione ottimale per fare questa migrazione e quali
sono gli eventuali problemi in questo passaggio?
Francamente, la distribuzione e’ un mero dettaglio implementativo.
Monaco e l’Estremadura (regione autonoma spagnola che aderisce alla
linea freesoftware da ancor piu’ tempo) hanno scelto di farsi la propria
(rispettivamente LiMux e LinEx). In Francia (dove sono stati migrati
l’intero corpo di Gendarmeria ed alcuni enti ministeriali) preferiscono
la piu’ comune Ubuntu. In Brasile (dove da un decennio si applica una
fortissima politica pro-freesoftware, come inevitabile strumento di
emancipazione tecnologica dagli USA) usano un po’ quel che capita basta
che sia libero.
Da noi, personalmente penso che si adotterà una soluzione “chiavi in
mano” come Ubuntu, qua e la’ ritoccata ed adattata.
I problemi sono altri, non di natura tecnica ma “umana”. Un elemento che
nessuno prende mai in considerazione e’ la ricezione di un cambiamento
di tale portata da parte dei dipendenti, degli utenti, storicamente
avversi a qualsiasi cambiamento: al momento la comunicazione nei loro
confronti e’ stata quantomeno scarsa, e ancora non ho sentito parlare in
modo sostanziale di piani per la formazione (ampiamente citata prima
come passaggio imprescindibile per qualsiasi migrazione, sia essa a
Linux o a una nuova versione di Windows). A Friburgo, Austria, hanno
dovuto annullare tutto proprio per aver affrontato con troppa leggerezza
tale passo. E ci sono stati casi in cui al solo sentir parlare di Linux
sono stati chiamati in causa i sindacati col pretesto che esso avrebbe
impedito agli impiegati di svolgere le loro mansioni.
Proprio in tale frangente, forse il piu’ fragile, sta in questo momento
operando la comunita’ linuxara torinese, che – essendo parte di una
naturale rete di relazioni estesa su tutto il territorio nazionale – ha
avuto modo di confrontarsi nel tempo con altre realta’ e raccogliere
metodi, percorsi, buone pratiche e spunti.