Participation – Meridiano d’Europa 2024

Non sono stati anni semplici per l’UE e anche i prossimi non appaiono privi di nubi: Brexit, Covid, la guerra in Ucraina hanno messo a dura prova la tenuta democratica del nostro continente e le politiche messe in atto dall’UE (Next Generation EU, CoFe) non hanno sempre portato ai risultati sperati. A questo si aggiungono le spinte sovraniste che sempre di più in alcuni Paesi stanno prendendo forza.

 

Per lɜ cittadinɜ dei Paesi che sono all’interno dell’UE da tanto, la dimensione europea può apparire spesso scontata ed invisibile. I diritti e i vantaggi acquisiti dall’appartenenza all’Unione vengono sottovalutati e molto spesso ignorati e i discorsi dei leader politici sono  infarciti di frasi fatte (“ce lo chiede l’Europa” o “questa decisione è stata imposta da Bruxelles”) che spesso nascondono l’incapacità di chi governa o aspira a farlo a trovare soluzioni ai problemi. Questa retorica bipartisan dà sempre più agibilità politica a coloro che spingono per un ritorno al passato degli Stati nazionali, mitizzato come un periodo di libertà dalle imposizioni comunitarie.

 

Una delle conseguenze più preoccupanti è sicuramente l’esplosione del conflitto sociale, che rimane parte fondamentale delle nostre democrazie. La democrazia, tramite le elezioni, ha sempre cercato di incanalare questo conflitto in strumenti di partecipazione popolare nonviolenta, ma negli ultimi anni assistiamo sempre di più a fenomeni di astensionismo e disaffezione al voto. Ma le persone che non votano hanno sempre interessi ed obiettivi che emergono attraverso altre forme di partecipazione, generalmente tramite le proteste di piazza. Partecipazione e protesta sono un binomio delicato ma fondamentale per una buona qualità della democrazia. Vivere in democrazia non significa essere sempre tuttɜ d’accordo, significa trovare un modo efficace per risolvere i conflitti che non preveda l’uso sistematico della violenza.

 

In questo la Francia rappresenta un ottimo esempio: membro fondatore della CECA, ma da sempre con una visione molto particolare dell’UE e del proprio ruolo in essa.
Questa particolarità si è espressa nuovamente alle ultime elezioni: nella fascia 18-24 anni i due candidati alla presidenza dei partiti euroscettici di sinistra e destra (Mélenchon e Le Pen) hanno portato a casa rispettivamente il 36% e il 16% dei voti, mentre il candidato dell’estrema destra Zemmour è arrivato al 7% (astensionismo al 42%). In generale gli under 35 hanno espresso per il 60% preferenze per candidati anti-sistema, nonostante il Paese rimanga guidato da Macron, uno dei leader più influenti a livello europeo.

 

A questo negli ultimi mesi si è aggiunta un’onda di protesta per lo più giovanile, partita per l’omicidio di un giovane da parte della polizia: questa protesta, che ha visto la partecipazione di moltɜ francesi con background migratorio, è sfociata presto nella rivolta, ma ha allargato la propria base mettendo in discussione il welfare statale e rivendicando maggiori diritti per lɜ cittadinɜ di seconda e terza generazione.

 

Tutto questo nonostante la Francia abbia da molto tempo adottato una politica di decision making dal basso presa a modello da molti altri Stati, ma che ad oggi non sembra una risposta adeguata alla crescente crisi della democrazia che sta colpendo tutta l’Europa.

 

Questi processi riescono davvero a coinvolgere nelle decisioni comuni e quindi nel gioco della democrazia tutti lɜ cittadinɜ, soprattutto lɜ più giovani? Sono strumenti ancora efficaci per “allenarci” al confronto e alla partecipazione democratica? Scegliamo come meta del nostro viaggio Lione, città profondamente europea e simbolo delle contraddizioni che questa edizione del Meridiano vuole portare alla luce come tema di discussione: quale Europa sogniamo e per quale Europa vogliamo impegnarci come giovani cittadinɜ europeɜ?