
Il ruolo del dirigente scolastico
Per costruire una Comunità Educante che accompagni gli studenti nel processo di crescita è necessario tenere in considerazione non solo gli attori del mondo scolastico, ma anche le potenzialità del territorio in cui l’istituto è inserito, in una prospettiva di educazione diffusa.
Il rapporto con il territorio può dunque essere una risorsa importante sia dal punto di vista dei servizi integrati (come i trasporti) sia dal punto di vista delle esperienze che esso può offrire. La convinzione che anima la volontà di entrare in rete con il territorio è infatti quella per cui il fine della scuola sia favorire l’apprendimento degli studenti nel modo più efficace. Forse oggi questo significa superare il mero insegnamento frontale e coinvolgere lo studente in esperienze formative e arricchenti.
La condizione di possibilità per la riuscita di un tale progetto educativo è la condivisione di un sistema valoriale fra i diversi attori che vi prendono parte. Quanto la scuola è ancora in grado di interrogarsi su quale idea di mondo, di società e di cittadino vuole proporre alle nuove generazioni? E quanto è in grado di farlo dialogando con le altre realtà del territorio, presenti in ogni caso nella quotidianità dei ragazzi?
Una comunità educante al servizio dei talenti
Il processo di crescita e di formazione di una persona è complesso, articolato, dipendente da molteplici fattori e contesti ed è dunque inevitabilmente correlato a più agenti che, se hanno la fortuna di coordinarsi intorno ad un unico sistema valoriale e ad obiettivi condivisi, vanno a costituire una comunità educante.
Alla domanda: esiste la comunità educante? Non possiamo dunque che rispondere: certamente ed inevitabilmente. L’uomo vive la sua dimensione di crescita come essere sociale, all’interno di comunità dapprima ristrette – la famiglia – e poi sempre più ampie in base alle prospettive di sviluppo della sua specifica vicenda storica; non potrebbe essere altrimenti.
Perché una comunità si trasformi in una comunità educante, ossia divenga funzionale allo sviluppo di consapevolezze e di riconoscimento dei personali ruoli, è necessario che i vari attori di questo processo condividano sistemi valoriali; questo è il primo elemento di fragilità del nostro attuale contesto storico nel quale la dominanza di individualismi e interessi personali ha il sopravvento sulla dimensione del riconoscimento e del rispetto dell’altro, come se tante piccole monadi potessero vivere e con-vivere senza interazioni. Le aberrazioni degenerative di questo diffuso individualismo sono alla ribalta della cronaca di ogni giorno: violenza come approccio ordinario, facile e quasi inconsapevole abitudine al mancato rispetto delle norme, assenza della misura di peccato, danno, ingiustizia.
Prima dunque di parlare di comunità educante è necessario condividere che cosa sostanzia e dà senso al termine “educazione”, ossia spingere perché vere e proprie “rivoluzioni culturali” portino al riconoscimento della “barca comune” di cui il recente magistero della Chiesa cattolica ha spesso parlato e dei valori in cui essa debba riconoscersi.
Se la comunità educante consiste nel riconoscimento e nella condivisione di un sistema valoriale a cui anche la scuola deve riferirsi, quale realtà formativa strutturata, accompagnando la formazione dei giovani, ogni suo componente, dal collaboratore all’assistente tecnico, dal corpo docente agli apparati amministrativi periferici e centrali, ha un ruolo nei processi educativi, così come ogni realtà di prossimità deve dialogare con il mondo della scuola per supportare e accompagnare quella crescita: le istituzioni (circoscrizione, ufficio scolastico, comune, azienda sanitaria), le agenzie culturali (teatro, musica, arte, media), le agenzie formative (sport, mondo associazionistico, enti del terzo settore).
Nel territorio in cui ha sede l’istituto Primo Levi, Mirafiori Sud, che non esiste più come circoscrizione (essendo stata “assorbita” dalla circoscrizione 2 a seguito delle recenti riorganizzazioni amministrative del comune di Torino), ma che è una periferia con una identità culturale ben precisa e di profonda matrice storica collegata al mondo produttivo della ex FIAT, opera in questa direzione un “Osservatorio d’Area”, che è organismo che interfaccia le figure dirigenziali di tutti gli enti formativi operanti sul territorio: scuole di ogni ordine e grado, pubbliche, parificate e private, circoscrizione, servizi sociali, biblioteche, Asl, fondazioni, associazioni culturali, sportive, ricreative. Le sinergie comunicative e progettuali vedono in un organismo di questo tipo facile realizzazione proprio perché, a differenza dei “tavoli circoscrizionali”, la partecipazione vede direttamente coinvolte le figure apicali dirigenziali e questo azzera tutti i passaggi comunicativi interni agli enti nel caso in cui debbano essere assunte decisioni di rilievo. L’Osservatorio d’Area di Mirafiori Sud vive da circa vent’anni con riunioni cadenzate mensilmente.
Quale è il ruolo del Dirigente Scolastico all’interno della scuola-comunità educante?
Pur con tutti i limiti che questa figura assorbe all’interno di un profilo gravato da pesantissime responsabilità e – in nome dell’autonomia scolastica – sostanzialmente lasciato solo a rispondere a tutte le sfide organizzative e gestionali di una organizzazione complessa quale è quella della scuola italiana oggi, pure si ritiene che se un significato questa figura possa ancora avere (all’interno di una “tuttologia” spesso priva di contorni) debba essere quello di “dare indirizzo valoriale” alla comunità educante che rappresenta.
L’atto di indirizzo con cui il Dirigente Scolastico apre ogni annualità scolastica può essere una stanca ripetizione di un copia-incolla senza spessore, oppure può diventare occasione per riflettere sul senso del lavoro, e in particolare di questo “speciale” lavoro della formazione dei giovani, e sul significato dell’essere educatori-ispiratori di processi in cui gli studenti siano attivi protagonisti e interpreti della loro stessa crescita. Il Dirigente Scolastico, in altre parole, deve essere custode dell’identità culturale della sua scuola e promotore di un suo costante rinnovamento in risposta alle variazioni dei contesti culturali, sociali e storici.
Il Primo Levi, ad esempio, si è caratterizzato nell’ultimo decennio, come istituto degli studenti-atleti, raccogliendo la sfida culturale di valorizzazione delle competenze veicolate dall’attività sportiva, anche agonistica, e promuovendo l’eccellenza scolastica e sportiva come matrice culturale di approccio ad un rinnovato modello di impegno sportivo, considerato non più di “inciampo” alla formazione culturale, ma veicolo di competenze rilevanti per il successo scolastico.
L’identità culturale di una scuola in definitiva si correla con la finalità ultima della costruzione di una comunità educante, la orienta, la sostiene, ne caratterizza il significato; questa finalità non può che essere aiutare ogni giovane a riconoscere i suoi talenti e coltivarli con e attraverso le discipline scolastiche per tracciare i contorni di un progetto di vita che lo accompagni a trovare il proprio posto nel mondo.
Anna Rosaria Toma
Dirigente Scolastico I.I.S. Primo Levi