Il potere del cane
Nel Montana del 1925, i fratelli Phil (B. Cumberbatch) e George (J. Piemmons) mandano avanti un grande ranch: il primo è violento, sprezzante, ruvido, solitario; il secondo gentile, timido, mai impulsivo. Insomma, agli antipodi più estremi. Quando George sposa la vedova Rose (K. Dunst), tutti si ritrovano a vivere insieme, a un certo punto anche il figlio ventenne della donna, Peter (K. Smit-McPhee), che sta studiando medicina. Inizialmente l’ostilità di Phil, verso coloro che considera degli intrusi e approfittatori, è gratuita, quasi ostentata, talvolta crudele. Col passare del tempo, le contraddizioni degli animi di ciascuno finiranno per emergere. Colpo di coda al veleno nel finale.
Jane Campion torna dietro la macchina da presa dopo dieci anni abbondanti, firmando il suo ottavo lungometraggio di finzione in più di trent’anni. Non si può propriamente dire che sia un western, questo film tratto dall’omonimo romanzo di Thomas Savage. Tutta la storia è attraversata da una costante tensione narrativa, sempre sul punto di esplodere. La Campion gioca sapientemente con gli opposti: la violenza e la tenerezza, l’amore e l’odio, il desiderio e la ripugnanza, l’attrazione e la negazione della stessa. Se le si vuole riconoscere un limite forse sta nel ritmo compassato, soprattutto nella prima parte, ma non si può negare il fascino potente che esercita sullo spettatore.
Quartetto di interpreti in gran forma, splendida fotografia. Leone d’argento per la regia all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
Nelle sale cinematografiche da ieri, disponibile su Netflix (che produce la pellicola) dal 1° dicembre.