Idlib: La tempesta perfetta

di Simone Bongiovanni 

È lo stesso Staffan de Mistura a dare l’allarme: quella che si sta per abbattere contro Idlib, ultima roccaforte ribelle in Siria, sarà una “tempesta perfetta”, ha detto l’inviato speciale ONU in un incontro a Ginevra lo scorso venerdì. Tutte le tessere del puzzle si stanno rapidamente incasellando: dalle manovre degli alleati del governo di Damasco agli “incidenti” e notizie tendenziose su cooperanti e caschi bianchi, fino al più classico degli spauracchi come l’uso di armi chimiche, invocato dall’una e dall’altra parte.

 

Insomma, quella che esperti internazionali si affrettano già a definire come l’ultima battaglia della crisi siriana sarà un vero e proprio bagno di sangue, un finale degno e spaventoso del più drammatico conflitto di questo nostro inizio di secolo.

 

Per capire il dramma umano di cui stiamo parlando, in questi anni, nella provincia agricola del nord siriano si sono ammassati circa tre milioni di profughi interni, abbandonando le loro case, in fuga dalla geografia dei massacri e delle devastazioni. Vivono sotto il controllo delle forze armate ostili al presidente Bashar Al Asad, un fronte spaccato tra centinaia di gruppi armati, ribelli e fondamentalisti. Fonti internazionali restituiscono un panorama desolante nella provincia di Idlib, con condizioni sociali e umanitarie già al limite della precarietà e che non lascerebbero alcuna speranza alle famiglie ormai stremate da sette anni di conflitto. L’inizio di operazioni militari e bombardamenti non darebbe via di scampo alla provincia stretta in una morsa tra i governativi a sud e i territori occupati dalla Turchia a nord.

 

Intanto il governo di Damasco prepara l’assalto finale, giustificando il sicuro costo in vite umane con lo spettro dei fondamentalisti islamici di Al-Nusra, la componente siriana di Al Qaeda. A niente valgono i velleitari scambi di accuse e minacce tra Washington e Mosca, ed è proprio il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov, ad annunciare una muscolare dimostrazione di forza nelle acque del Mar Mediterraneo da parte della flotta del Cremlino, probabile deterrente ad un intervento estero.

 

Ma nell’assordante caos di accuse, appelli e smentite c’è un rumore di fondo che sovrasta qualsiasi altro. Il silenzio. Il totale silenzio del nostro sdegno.

 

Dove sono le manifestazioni di piazza come negli anni ’60 per la guerra in Vietnam? Dove sono le bandiere della Pace esposte sui balconi come per la guerra in Iraq? Forse sono rinchiuse in qualche armadio, impolverate e a brandelli, un po’ come la nostra capacità di indignarci.

 

Ecco allora la “tempesta perfetta” si sta preparando per abbattersi ancora una volta sulla Siria, se sarà l’ultima ce lo dirà soltanto la Storia. Intanto rintaniamoci sotto coperta, e chiudiamo bene i boccaporti, chissà che qualche schizzo possa arrivare a disturbare la nostra amata tranquillità.

 

Ma per fortuna c’è ancora chi non si arrende neanche di fronte alle tempeste perfette, indossa l’impermeabile e si getta nella burrasca.

 

Così sabato 8 settembre alle 11:30 saremo in Piazza Castello, per restare uniti davanti all’inevitabile, per chiedere verità e giustizia per le oltre 75.000 persone scomparse nelle carceri siriane, per dire che di fronte all’ennesimo disastro umano le nostre coscienze non possono rimanere calme come un mare in bonaccia.

 

05/09/2018
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