Finalmente in pace

250.000 morti, 50.000 desaparecidos, 8 milioni di vittime, questo il prezzo di un conflitto che devasta la Colombia da ormai 52 anni.

Lunedì 26 settembre 2016, entrerà nella storia come il giorno in cui finalmente la pace è arrivata, una giornata storica, emozionante.

 

Ma partiamo dall’inizio. Perché c’era una guerra? Chi la stava combattendo?

Nel 1964 nacquero le FARC ( Forze armate rivoluzionarie della Colombia), un’organizzazione guerrigliera di stampo comunista, sorta da esperienze di autorganizzazione contadina, nella città di Marquetilia, nella Colombia centrale.

L’idea era quella di sovvertire l’ordinamento statale e creare una democrazia popolare socialista.

 

I tentativi di reprime questa forza, da parte del governo, hanno portato la creazione di un movimento di guerriglia “mobile”, l’unico modo per sfuggire a una lotta impari contro l’esercito, fino a quando nel 1998 l’allora presidente Andrés Pastrana, ha concesso un territorio indipendente ai guerriglieri.

Santos, l’attuale presidente, non è stato infatti l’unico a provare a trovare un accordo con la guerriglia, Pastrana aveva concesso loro un territorio proprio con l’intento di “scendere a patti”, mossa che è risultata invece controproducente. In quegli anni le Farc si sono rafforzate maggiormente arrivando a quasi 280000 arruolati.

 

Altro tipo di politica ha utilizzato invece il Presidente Uribe, cercando di schiacciare militarmente la guerriglia durante i suoi 8 anni di governo.

Dal 2012, sono stati aperti all’Habana i negoziati di pace, frutto di una trattativa segreta iniziata già in precedenza da Manuel Santos, che prima di essere presidente era stato Ministro della difesa del governo Uribe.

 

Gli accordi vertono su 5 punti principali :

  • Riforma rurale integrale
  • La costruzione della pace
  • Deposizione delle armi
  • Droghe illecite
  • Vittime del conflitto

 

Dopo anni di trattative, Manuel Santos e Timoleón Jiménez, capo delle Farc, si sono stretti la mano, emozionando un paese in cui varie generazioni non hanno mai conosciuto una condizione di pace.

Quest’anno, ho vissuto in una parte della Colombia un tempo considerata “zona roja” (zona rossa), perché snodo strategico tra la parte amazzonica e la parte che si affaccia sull’Oceano Pacifico. In Nariño è infatti ancora visibile un alto livello di militarizzazione ma la situazione è definibile “tranquilla”.

 

Ho voluto quindi ascoltare le parole emozionate di un’amica colombiana, perché mi trasmettesse la sensazione che si può sentire nel vivere un momento storico di tale portata:

“Non è stata una guerra cittadina, fatta di bombardamenti e palazzi rasi al suolo, le campagne sono state al centro di atti terribili e i suoi abitanti a pagare il prezzo più alto. Moltissime famiglie hanno visto sparire i propri figli, arruolati a forza dalle Farc, senza sapere dove siano finiti, molti altri hanno dovuto abbandonare le proprie case per paura”

 

Le vittime di questo conflitto sono moltissime, non si contano solo i morti ma anche i famigliari dei ragazzi arruolati, scomparsi, le vittime di furti e di stupri, chi ha subito un sequestro o delle minacce.

Le Farc, come altri gruppi guerriglieri presenti sul territorio, con varie ispirazioni politiche, si sono serviti di sequestri, estorsioni e di narcotraffico per potersi sostentare, creando terrore e aumentando una produzione di coltivazioni illecite gestite direttamente o indirettamente. “Sarà difficile per molti perdonare, ma è possibile. Alcune famiglie hanno bisogno della pace, per poter dialogare con chi sa dove sono seppelliti i propri figli scomparsi”.

 

“Il fatto che le Farc possano entrare in parlamento come forza politica è un’opportunità perché riprendano i valori che le hanno portate a nascere e combattere, potrebbero rappresentare un’alternativa valida” continua la mia amica, “E’ stato emozionante vedere come in tutte le piazze delle città siano stati allestiti maxischermo e organizzati concerti per festeggiare”.

26 settembre, una data storica, a cui si aggiungerà quella del 2 di ottobre, giornata in cui i cittadini colombiani sono chiamati alle urne, per rispondere al quesito referendario sugli accordi. Un si o un no che cambierà definitivamente la storia del paese.

 

La speranza che vinca il si è fortissima, molti degli sfollati a causa del conflitto aspettano una redistribuzione delle terre e la possibilità di ricominciare con una vita dignitosa.

Meglio un accordo imperfetto che l’incertezza della pace”, ha dichiarato Manuel Santos, il presidente che sarà ricordato per aver chiuso una terribile fase del paese.

28/09/2016
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