Coinvolgi.net: cronaca di una formazione in Cascina Caccia

Attraverso il progetto Coinvolgi.net, abbiamo organizzato un fine settimana di formazione nazionale aperto a tuttɜ lɜ animatorɜ delle realtà associative della rete WeCare.

Dall’8 al 10 novembre infatti Cascina Caccia ha ospitato una quarantina di giovani con l’obiettivo di generare uno spazio collettivo in cui condividere esperienze, riflessioni e conoscenze per diventare animatorɜ migliori, costruendo al tempo stesso legami tra lɜ partecipanti. Ecco un racconto dell’esperienza.

Giorno 1: arrivo e giochi di conoscenza

Nel freddo e buio pomeriggio autunnale iniziano ad arrivare le prime delegazioni, ogni gruppo con un viaggio diverso alle spalle, i più lontani sono partiti la mattina presto, tuttɜ appena arrivatɜ trovano il conforto degli abbracci e di un tè caldo. Giusto il tempo di sistemarsi nelle varie camerate che si preparano i tavoli per la cena, appena cenato si comincia subito con la prima attività.

Colpisce subito la quantità di nuovi volti e la giovinezza di questi, quasi la metà dellɜ partecipanti è alla sua prima esperienza formativa, questo impone di dedicare l’intera prima sera a vari giochi e attività di presentazione: si parte disponendosi in sottogruppi basati sui gusti e le inclinazioni personali per presentarsi in maniera meno dispersiva e poi, sempre in gruppi, si è giocata un’esilarante partita di taboo “versione We Care”, ovvero in cui le parole da indovinare erano termini ricorrenti nel nostro percorso, pretesto per raccontare attraverso queste parole la storia della rete. Le due ore terminano con un cerchio di condivisione in cui a partire dalle carte di Dixit ciascunə racconta lo stato d’animo e le aspettative con cui è arrivatə.
Al termine della serata il successo dell’attività è testimoniato dalle tante conversazioni che la succedono, in cui si percepisce un grande desiderio di riprendere i discorsi troncati dal ritmo serrato dei vari momenti.

 

Giorno 2: approfondimento del rapporto educativo con lɜ adolescenti

A proposito di ritmi serrati la mattina del sabato vede svolgersi due attività: prima di entrare nel merito dei contenuti si parte dalla nostra idea personale di educazione e l’espediente animativo che stimola la riflessione è il collage. Un mucchio di riviste e giornali vengono sparsi sui tavoli e a partire dalle parole e immagini che ci colpiscono si deve rappresentare su un foglio la nostra idea di educazione. Ne escono fuori dei lavori artistici estremamente stimolanti, su ciascuno dei quali varrebbe la pena soffermarsi a lungo, ma essendo ciò impraticabile a livello di tempi si sceglie una restituzione reciproca prima a coppie e poi a gruppi di quattro e otto persone: per ognuno di questi passaggi bisogna trovare una parola chiave che sintetizzi le riflessioni, per poi riportarla agli altri gruppi sotto forma di pantomima. Nello svolgersi di questo lavoro colpisce l’entusiasmo diffuso nel riscoprire la bellezza di un lavoro manuale e la potenza comunicativa dell’arte, il che fa riflettere su quanto siamo sovraesposti alle parole rispetto a ogni altra forma di espressione.

Il secondo momento formativo della mattina ruota attorno al concetto di patto di fiducia come base della relazione animativo-educativa. Dopo un’iniziale condivisione su quali siano gli elementi fondamentali per stabilire questo patto viene spiegato come la teoria dell’educazione abbia trovato sei comportamenti alla base della costruzione della fiducia, da qui ci si è divisi in altrettanti gruppi tematici che ruotavano ogni 15 minuti: le sei parole chiave, mantenute in inglese per non perderne le accezioni nella traduzione, erano: don’t assume, be open, relax, respect, involvement, encourage.

Ripensando a questa attività sorprende la delicatezza e la raffinatezza necessaria anche solo per porre delle premesse valide in un rapporto educativo: se questa complessità affascina al posto di spaventare a mio avviso è perché uscite dall’attività si aveva l’impressione di aver trovato tanti nuovi strumenti concreti, preziosi per orientarci meglio nel mare infinito delle possibilità.

La formazione pomeridiana è con un’ospite: Martina Dighero, psicoterapeuta dell’associazione Inv3rso. Questo momento formativo, il più lungo del fine settimana superando ampiamente le tre ore, ha come tema l’adolescenza e la nostra relazione con i disagi che questa provoca. Possiamo riassumere l’attività in tre momenti: l’introduzione tecnica al tema da un punto di vista psicologico, il lavoro a gruppi, costruito su uno scenario molto complicato da affrontare, legato spesso a una situazione personale delicata, e infine la restituzione delle soluzioni trovate e la discussione di queste. I temi passano dal caso di bullismo alla difficoltà di un ragazzo nell’identificarsi nel proprio genere di nascita e ancora molti altri, casi che spesso incontriamo e che ci lasciano la desolazione dell’impotenza: quest’attività, nella coinvolgente e ampia discussione dei vari casi studio, mi è sembrata un potente gesto di ribellione verso questa mortificante sensazione. Ne esce fuori, oltre a molte pratiche preziose, un concetto tanto semplice quanto fondamentale, forse in grado di salvarci da quell’impotenza: non siamo soli. Dobbiamo abbandonare l’impressione di dover essere risposta a tutto e riscoprire una funzione preziosa, addirittura fondativa del nostro operato, ovvero essere dei ponti tra scuola e territorio, intendendo per territorio gli spazi a cui rivolgersi per affrontare eventuali situazioni.

Dopo un’attività così intensa qualsiasi altra forma di impegno sarebbe naufragata data la stanchezza e la ricchezza degli stimoli da assorbire, quindi la serata di sabato rimane libera e permette, oltre che di far festa e riposarsi, anche di approfondire i vari rapporti in un momento di conversazione più disteso e non minacciato da interruzioni per altre attività.

 

Domenica: nonviolenza e saluti!

L’ultima attività di formazione è dedicata al tema della campagna per la cittadinanza di quest’anno: nonviolenza disarmante. L’attività consiste nel concentrarsi a gruppi su una parola chiave legata al tema (per esempio conflitto, violenza etc.), riflettere sui momenti in cui la si incontra nella propria attività educativa e su come reagiamo a questi con l’obiettivo di trovare una pratica concreta da consegnare al resto del gruppo. Prima di quest’ultimo passaggio però i gruppi vengono accoppiati, così da trovare sintesi tra concetti inerenti ma apparentemente ben distinti.

Se ci fosse qualche dubbio sulla puntualità di questa campagna rispetto al nostro operato verrebbe immediatamente spazzato via dalla quantità di esperienze emerse nei vari confronti.

Prima dei saluti, il fine settimana volge al termine con un’ultima attività: curiosamente dalla prima serata lɜ animatorɜ ci invitano con insistenza a fare foto di bei momenti, il motivo si svela appunto in quest’ultimo gioco, in cui ciascun partecipante deve caricare su un drive condiviso tre foto che rappresentino questa tre giorni di formazione. Fatto ciò, ci si dispone nello spazio del salone e passandosi un gomitolo ci si da il turno sul mostrare e raccontare le foto scelte: ne esce un intreccio di fili eccessivamente complicato e molte, moltissime risate, oltre che l’impressione di conoscere benissimo persone che fino a un paio di giorni fa non si aveva mai incontrato.

Ma col finire in ritardo dell’attività i tempi sono stretti perché molti gruppi hanno il treno nel primissimo pomeriggio, quindi in un’oretta frenetica si mette in ordine la cascina, si fanno i bagagli, si pranza e ci si abbraccia per l’ultima volta. Non ci sono lacrime, perché si ha la tranquillità di rivedersi, legati da promesse più forti delle circostanze: più che un addio questo è l’inizio o la continuazione di un lungo cammino.

 

Khaled

25/11/2024
Articolo di