
Addio a Licio Gelli
E’ morto ieri Licio Gelli, il grande burattinaio dei misteri italiani, del secondo Novecento. Classe 1919, pistoiese, già arruolato nella guerra civile spagnola, a supporto dei golpisti di Francisco Franco, poi fascista in Italia, aderì alla Repubblica di Salò. Nel dopoguerra, probabilmente dopo aver collaborato con la CIA, rimase legato agli ambienti di estrema destra e nel 1963 entrò nella Massoneria. Qualcuno avrebbe potuto pensare che fosse solo un imprenditore (direttore commerciale della Permaflex di Frosinone negli anni ’50) con idee politiche estremamente conservatrici. Peccato che nel 1981 scoppiò lo scandalo P2, grazie ai magistrati Gherardo Colombo e Giuliano Turone, che scoperchiarono un tombino: la loggia massonica P2, di cui Gelli era venerabile maestro, venne scoperta e nella sua villa si trovò una lista clamorosa di personalità istituzionali. Uomini politici, imprenditori, alti ufficiali delle Forze Armate ed esponenti di spicco della finanza e dell’economia (anche un poco noto allora Silvio Berlusconi). La P2, con il Piano di rinascita democratica, si proponeva di sovvertire l’ordine democratico italiano, aprendo la svolta a un governo autoritario. Il caso fu così clamoroso, con la fuga di Gelli, all’estero, da creare vari processi collaterali e una commissione d’inchiesta parlamentare. Nel frattempo Gelli collezionò altri procedimenti a suo carico, per alcuni dei quali verrà condannato: il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi (affiliato alla P2 anch’egli), il depistaggio per la strage alla stazione di Bologna.
Di sicuro Gelli frequentò per tutta la vita personaggi discutibili, o criminali chiaramente conclamati: dal dittatore argentino Peron, al finanziere Michele Sindona (mandante dell’omicidio di Giorgio Ambrosoli), dal democristiano Giulio Andreotti, a Pippo Calò, cassiere di Cosa Nostra (secondo le dichiarazioni di Francesco Marino Mannoia, collaboratore di giustizia). Chiamato in causa, più o meno direttamente, anche nel caso Moro e nel tentato Golpe Borghese. Ha passato la fase finale della sua vecchiaia agli arresti domiciliari, per la bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano. Non si è mai pentito di nulla, sempre fiero di essere fascista, ha continuato anzi a seminare cortine fumogene, dubbi, illazioni, affermazioni a sorpresa, senza mai contribuire a districare la matassa dei misteri italiani, in cui lui stesso era immerso. Probabilmente quest’aura di mistero lo divertiva. Arrivò a dire che Berlusconi al Governo aveva messo in pratica, buona parte degli intenti sovversivi del suo Piano di rinascita democratica. Abbiamo dovuto sopportare di vederlo in onda, ancora qualche anno fa, su una tv privata, a pontificare sul nostro Paese.
Non si può gioire di una morte, ma nemmeno sentire la mancanza di un personaggio come Gelli. Si è portato nella tomba troppi segreti, ancora coperti da mistero e spesso incrostati di sangue di innocenti. Questa è la beffa finale che ci lascia l’amaro in bocca. I coccodrilli con l’onore delle armi, se qualcuno avrà il coraggio di scriverli, francamente preferiremmo evitarceli.