Addio a Ettore Scola
E’ morto ieri sera a Roma, Ettore Scola, all’età di 84 anni. Era nato a Trevico, in provincia di Avellino, nel 1931 ed era considerato uno degli ultimi maestri del cinema italiano, pur non amando l’appellativo, che –diceva- lo metteva in imbarazzo. Dotato di una notevole ironia, cresciuto a Roma nella rivista satirica Marco Aurelio (con Federico Fellini e altri giornalisti e scrittori che gli fecero da ispiratori e mentori), Scola iniziò la carriera nel cinema firmando sceneggiature: film con Totò, Sordi e Gasmann, copioni per Risi e Steno, tra gli altri.
Cominciò come regista dopo i trent’anni, fece 9 film con Mastroianni (cominciando nel 1970 con “Dramma della gelosia”, che valse al Marcello nazionale una menzione al festival di Cannes) e divenne uno dei riferimenti del cinema italiano, tra gli anni 60 e gli anni 80. Nel 1974 firmò “C’eravamo tanto amati”, impareggiabile connubio di nostalgia e tenerezza, disillusione e romanticismo, verso una generazione, come la sua, che aveva attraversato la guerra e lottato per un’Italia migliore, senza forse riuscire a conquistarla. Film premiato in tutto il mondo, dedicato affettuosamente a Vittorio De Sica, che fece in tempo a vederlo. Nel 1977, con il film “Una giornata particolare”, si guadagnò la prima candidatura all’Oscar (come miglior film straniero), con la storia di un giornalista omosessuale e una casalinga moglie di un fascista, nella Roma del 1938, in occasione della visita di Hitler a Roma, con la coppia del cinema italiano più celebre: Sofia Loren e Marcello Mastroianni, all’apice del loro duetto recitativo. Tornerà in gioco all’Oscar, con “I nuovi mostri” (1978), con “Ballando ballando” (1983) e “La famiglia” (1987). Raccontò la FIAT, con “Trevico-Torino, viaggio nel Fiatnam” (scritto con l’amico Diego Novelli), si cimentò con il grottesco “Brutti, sporchi e cattivi” (con un memorabile Nino Manfredi), raccontò la crisi morale degli anni ‘80, con notevole lungimiranza, ne “La terrazza”, affresco corale alla Altman in salsa romana, ispiratore di Paolo Sorrentino e del suo “La grande bellezza”, per atmosfere e ambientazioni. Nei primi anni ’90 lavorò ancora con Mastroianni e con Troisi (“Splendor”, “Che ora è?”), continuando a fare film anche dopo il 2000 (“Concorrenza sleale”, “Gente di Roma”) e girando qualche documentario. Nel 2013 l’ultima pellicola, dedicata a Fellini, “Che strano chiamarsi Federico”. Era diventato presidente del Bari Film Festival, dopo averlo fondato con l’amico Felice Laudadio, spronando ancora recentemente i giovani, a non aver paura delle idee per cambiare le cose.
Il cinema italiano perde tantissimo con la scomparsa di Scola, ma più in generale il mondo della cultura e dell’Italia civile. Il suo sguardo, come quello di Rosi, di Risi, di Fellini, di Germi, di Petri, di Monicelli, aveva raccontato l’Italia del Novecento, con eleganza ed ironia, con la capacità rara di cogliere le sfumature sottili nelle pieghe della nostra società. Pluripremiato in carriera, vicino al PCI pur sapendo essere critico nei suoi confronti, se n’è andato in punta di piedi, senza clamore, come del resto aveva vissuto. Si amava definire uno sceneggiatore, prima che un regista, perché pigro e ritroso a dover dirigere il caos di un set cinematografico. Eppure la sua capacità di disincanto mescolato a nostalgia, che sapeva essere feroce e profonda al contempo, piena di dolcezza e sfumata di drammaticità, resterà impareggiabile. Basti pensare alla telefonata di Mastroianni in “Una giornata particolare”, al suo amico (“piangere si può fare anche da soli, ma ridere bisogna essere in due”); o alla disillusa ammissione di aver fallito, dei protagonisti di “C’eravamo tanto amati”, il terzetto splendido fatto da Gassman, Satta Flores e Manfredi, quando riconosce che “credevamo di cambiare il mondo e invece il mondo ha cambiato noi”); il discorso del dirigente PCI al Congresso che parla della sua vita sentimentale, interpretato da Gassman, in “La terrazza”.
“A chi chiederete di parlare di me quando me ne sarò andato? Sono l’ultimo rimasto…” , così scherzava Scola negli ultimi anni. Come dargli torto e quanto ci si sente piccoli e soli, a dover ammettere di averlo tanto amato e già sentirne la mancanza.