Acqua pubblica: un bene comune, un diritto di tutti.
Nel 2011, un referendum definì la volontà dei cittadini di rendere l’acqua un bene comune, un diritto di tutti.
A livello nazionale, purtroppo, i governi che si sono succeduti non hanno tradotto l’esito referendario in legge, ma a livello locale e regionale le azioni della politica e dei cittadini hanno fatto la differenza.
Per quanto riguarda la regione Piemonte e la città di Torino, il Comitato Acqua Pubblica ha sempre lottato per ottenere questo diritto.
Anni fa è riuscito a portare a casa una grande vittoria: l’80% degli utili della SMAT s.p.a. doveva essere utilizzato per investimenti interni all’azienda; ma non solo, anche la progressiva fuoriuscita di aziende a scopo di lucro dal gruppo azionista SMAT.
Quattro anni fa, Chiara Appendino (all’epoca candidata a Sindaco di Torino) aveva inserito nel programma elettorale la trasformazione della SMAT da “Società per Azioni” a “Società di Diritto Pubblico” nella sua campagna.
Nonostante i numerosi solleciti e l’attività di Daniela Albano, consigliere comunale della città di Torino, i lavori sono andati a rilento, fino a poco tempo fa: è stata approvata la mozione “UN SÌ PER L’ACQUA PUBBLICA”, un modo per continuare a parlare di questo tema molto importante e per ribadire la necessità di trasformarlo in concretezza.
Abbiamo deciso di intervistare Mariangela Rosolen, fondatrice e membro del Comitato Acqua Pubblica Torino, per comprendere al meglio la situazione dopo il voto in Consiglio Comunale a Torino e se, finalmente, l’acqua diventerà un bene comune.
Ecco a voi l’intervista.
Il tema dell’acqua pubblica trova, periodicamente, spazio nei media torinesi e a infiammare lo scontro politico. Tutto nasce da un movimento popolare che chiede l’acqua come diritto. Perché secondo lei non c’è mai stata intenzione politica sul tema, nonostante il susseguirsi di giunte differenti?
Dietro l’acqua ci sono interessi enormi.
Non dobbiamo dimenticare, infatti, che la SMAT fa utili per 40 – 50 milioni di euro l’anno.
In altre zone d’Italia i privati prendono gli utili e se li portano a casa, guadagnando dall’acqua. I profitti, poi, vengono impiegati dove vogliono.
Per esempio in provincia di Cuneo è già così: la metà dei profitti sull’acqua se la prendono i privati. Ma nella provincia di Torino i proprietari sono i comuni stessi, quindi diciamo che l’acqua è di proprietà pubblica. Il problema è che viene gestita come fosse una merce, a scopo di lucro; perché l’azienda che gestisce la nostra acqua, la SMAT, è una società per azioni cioè ci mette il capitale per trarne profitto anche se chi lo fa sono i comuni.
Quindi, la volontà politica di trattare l’acqua come bene comune non può esistere, dal momento in cui sono i comuni stessi a guadagnarci.
E vi posso assicurare che sull’acqua gli utili si fanno, anche senza volerlo, perché l’acqua – a differenza per esempio della benzina – è essenziale per la nostra sopravvivenza.
La gestione dell’acqua implica la gestione della vita di tutti noi: proprio per questo dovrebbe essere un diritto per ognuno, dovrebbe essere un bene comune.
I guadagni dei comuni, tramite SMAT, sono sempre stati un buon modo per non chiudere in perdita i bilanci. Nelle scorse settimane CiDiu, azienda per lo smaltimento dei rifiuti, e altri comuni della cintura, hanno già fatto sapere di voler chiedere il rimborso delle proprie quote, pari al 10%, in caso di trasformazione.
Pensa che i comuni saranno disposti a concedere il sì?
Credo che sarà difficile e non sono molto ottimista perché la cultura del profitto, del lucro e del mercato ha ormai permeato le loro menti e le loro coscienze, considerano tutto una merce.
È vero che i comuni e Torino stessa hanno difficoltà di bilancio, la riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato è sempre più massacrante, ma non si fanno quadrare i bilanci lucrando su un bene comune ed essenziale come l’acqua.
Si dovrebbe creare un fronte comune per portare avanti questa battaglia e cambiare questo modo di fare politica, perché l’austerità e il debito non sono colpa nostra, purtroppo è il mercato che detta le regole.
Se il privato mette le mani sull’acqua non ci sarà più controllo.
I comuni sono all’interno di un meccanismo perverso dal quale non osano, non sanno e spesso non vogliono distaccarsi, per non disturbare equilibri più grossi, che spesso fanno comodo anche a loro.
Secondo te la mozione presentata da Daniela Albano e approvata in consiglio, potrà essere realmente utile?
Finalmente dopo quattro anni di attesa il comune di Torino ha deciso di muoversi per portare a casa uno di quegli elementi che era un baluardo della sua campagna elettorale.
Daniela Albano è sempre stata una grande sostenitrice e partecipante del comitato dell’acqua.
Ha sempre portato questo tema ai giusti tavoli, cercando di concretizzare.
Dobbiamo meglio definire la situazione attuale e spiegare perché sia difficile riuscire a vedere la luce alla fine di questo tunnel.
Il CIDIU è un azionista SMAT, ma non dovrebbe esserci, perché non è un’impresa idrica; è un’impresa di smaltimento rifiuti.
Ma alla nascita di SMAT, CiDiu possedeva una discarica e un impianto idrico, era un azienda di diritto pubblico, che forniva quei servizi alla cintura ovest del comune di Torino.
Successivamente venne trasformato in Società per azioni.
Oggi minaccia di vendere le azioni perché con questa trasformazione non riceverebbe più gli utili dalle azioni SMAT.
Altro motivo per cui non dovrebbe esserci?
Perché mette in pericolo l’ affidamento diretto a SMAT del servizio.
Le leggi europee e nazionali permettono affidamento diretto solo e solamente nel caso in cui l’azienda sia di tuo possesso al 100% cioè presta servizio solo per te e quindi non va a interferire con il mercato. L‘azienda deve essere di proprietà solamente dei comuni per poter aggiudicarsi l’affidamento diretto, ma ora una parte delle azioni della SMAT sono possedute dalla Società per Azioni CiDiu.
Quando riuscimmo ad ottenere che l’80% degli utili rimanesse all’interno dell’azienda, eravamo riusciti ad ottenere anche un altro elemento importante: che CiDiu, progressivamente, uscisse dalla SMAT, perché avrebbe messo in pericolo l’affidamento diretto, rischiando che la distribuzione idrica venisse messa a gara, che avrebbero sicuramente vinto le grandi multinazionali del settore.
Infatti negli anni la quota in SMAT di Ci.Diu è scesa dal 15% al 10%.
Progressivamente continuerà a cedere azioni ai comuni o alla stessa SMAT, ma ora possiede ancora il 10% quindi, se non avessimo il supporto dei piccoli comuni, e si votasse, andrebbe contro la trasformazione rendendo futile il lungo lavoro.
Bisogna però precisare che viene detta un’altra falsità: sentiamo dire, anche da esponenti politici, che per la votazione dei comuni, inerente la trasformazione della SMAT, il quorum cioè la maggioranza dovrà essere del 90%. Niente di più falso.
La maggioranza richiesta per questa decisione è del 75%.
La mozione sicuramente sarà un ottimo modo per sollevare ancora il discorso e continuare a parlarne, per rendere concreta questa trasformazione; la città metropolitana di Torino possiede circa il 70% delle azioni, ciò che manca è quel 5%.
I grandi comuni possiedono più azioni e sono tutti tendenzialmente propensi per il no alla trasformazione.
Saranno i piccoli comuni ad essere determinanti per questa scelta.
Su questo si sta basando il nostro lavoro in questo periodo, come Comitato Acqua Pubblica, cercando di incontrare i piccoli comuni per spiegare loro di non farsi fregare dalle menzogne che vengono raccontate, ma pensare al bene dei cittadini e ai diritti di ognuno di noi.