Tunisia: la violenza nemica della democrazia

L’uccisione del giurista e difensore dei diritti umani tunisino Chokri Belaid riporta il sud del Mediterraneo sulle prima pagine dei giornali, dai quali però si evince solo il dramma del caos che a est si propaga oltre gli ultimi scontri di piazza Tahrir sino alla guerra civile in Siria, a sud investe il Mali in guerra, a ovest gli impianti petroliferi dell’Algeria. “Non c’è nessun dopoguerra” scrivono Wu Ming in 54 (Einaudi, 2002): lotta e disillusione, dopo gli entusiasmi della rivoluzione dei gelsomini, saranno i protagonisti di una fase tanto delicata, quanto complessa e frammentata come quella della Costituente. Le elezioni dell’ottobre 2011, dove in qualità di osservatori internazionali partecipammo all’entusiasmo di una vera libertà di voto dopo gli anni di Ben Ali al 89,62% ancora nel 2009, non sono state che un passo verso una democrazia che deve costruire le proprie istituzioni. La piazza non basta più, ma la violenza degli estremisti costringe a presidiarla.

Ci auguriamo che il fervore indignato della piazza non dia motivo per sospendere il duro lavoro per la democrazia istituzionale dentro la quale poi riversare un dibattito serio sulla laicità dello Stato. Una democrazia il cui parto non è scevro dai rischi delle ideologie, dei poteri stranieri, delle ipocrisie. Quelle stesse che Belaid denunciava con forza sin dai tempi del regime. Ultimamente aveva alzato il pugno contro il “fascismo islamista”, deriva che nulla ha a che vedere con il diritto al culto. É il primo termine della questione a doverci preoccupare, che si tratti del fascismo d’Israele denunciato dalla parlamentare della Knesset Hanin Zoabi o del totalitarismo finanziario contro cui manifesta Occupy Wall Street. Il primo omicidio politico nella Tunisia democratica risveglia le coscienze di chi lasciava ispirare la speranza dai giovani del sud del Mediterraneo. Non è possibile infatti accontentarsi della rassicurante narrazione della rivoluzione digitale che in fondo celebrava Facebook come un’inesplorata spiaggia sotto il selciato. Un crudo risveglio per chi voleva ingabbiare il malcontento, generazionale più che nazionalista, delle primavere arabe in moto a luogo vero il progresso illuminato d’Occidente, per quanto condannato al declino se rimarrà chiuso, non sostenibile e rappresentato da una Comunità Europea solo monetaria.
Il cammino verso la democrazia, impegno che ci accomuna quotidianamente su entrambe le sponde di un Mediterraneo che vorremmo laico e unito, é faticoso, lento e contraddittorio. Ma di certo, come dimostra l’assassinio di Belaid ogni atto di violenza é un passo indietro.

08/02/2013
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