La trattativa

Sabina Guzzanti ha realizzato un bizzarro film sull’ormai celebre “Trattativa” tra Cosa Nostra e pezzi dello Stato. Presentato al Festival di Venezia, fuori concorso, e nelle sale da ieri, la pellicola è indubbiamente particolare per la sua natura: un misto di docu-fiction, con interviste a vari magistrati (Di Matteo, Sabella, Scarpinato), ad alcuni pentiti (Mutolo e altri), con immagini di repertorio e televisive (Borsellino, Scalfaro, Mancino, Martelli, Parisi), ricostruzioni di avvenimenti con attori che impersonano vari personaggi della storia (Ciancimino padre e figlio, Mori, Caselli, Ilardo, Riccio, Dell’Utri). Tutto parte dal racconto di Gaspare Spatuzza, che rimette in fila i suoi delitti, per poi cominciare a parlare della strage di Via D’Amelio e delle bombe del ’93-’94 a Roma, Milano e Firenze, fino ad arrivare alla nascita di Forza Italia e l’arrivo di Berlusconi in politica. La messa in scena è dichiarata dalla Guzzanti stessa, in un surreale puzzle di meta-cinema, satira, scivoloni nel cabaret (lei stessa che appare in due scene nella veste di Berlusconi, celebre sua imitazione, è piuttosto discutibile).

Alla fine si fa fatica a distinguere le ricostruzioni dalla realtà, si resta col dubbio delle fonti, seppur le didascalie finali riportino le dichiarazioni di collaboratori e atti processuali, come origine della documentazione. Su un materiale narrativo (e storico/politico) certamente intricato e molto scivoloso, la Guzzanti ha fatto un’operazione rischiosa. Bella squadra di attori, collaboratori tecnici di prim’ordine (Piovani alle musiche. Ciprì alla fotografia) e si vede, ma la resa non convince fino in fondo. Perchè poi far fare la figura del babbeo a Gian Carlo Caselli, insinuando indirettamente (oltre alla faciloneria e l’eccesso di fiducia in Mori), che i nastri scomparsi dell’interrogatorio di Ilardo (mai verbalizzato) siano da ascrivere alla sua responsabilità o negligenza, davvero non si capisce.

Insomma, un po’ di fumo e forse anche un po’ di arrosto, nel complesso: resta il merito di aver rimesso in fila tanti elementi che vagano alla deriva, nell’universo complicato e pieno di contraddizioni, della cosiddetta Trattativa. Difficile trovare il bandolo, il cinema non potrà fare luce su quello che il processo attualmente in corso a Palermo, cerca di indagare, oltre 20 anni dopo. Ma forse non è il compito del cinema, nemmeno se si tratta di una simile cruciale questione.

03/10/2014
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