Tra religione e musica: il caso dell’Istituto Regio Parco

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Da tre anni l’associazione Orme, insieme ai Pequenas Huellas, porta avanti un progetto coordinato da Nadia Bertuglia nell’Istituto Comprensivo Regio Parco. Tale progetto, iniziato quest’anno per il quarto anno di fila, prevede la presenza di musicisti professionisti all’interno dell’orario curricolare previsto per la lezione di musica: invece di svolgere la normale attività musicale delle scuole primarie i bambini hanno la possibilità di formarsi con musicisti di livello e una vera orchestra in classe. Il progetto ha coinvolto tre scuole primarie di primo grado e due scuole materne, per un totale di circa 400 bambini, due o tre ore a settimana.

 

Tale progetto è stato finanziato per due anni da alcune Fondazioni e Istituzioni, che lo scorso anno hanno però interrotto i finanziamenti. Per poter continuare il progetto nonostante i tagli, Orme e Pequenas Huellas hanno concordato con l’Istituto di richiedere alle famiglie un piccolo sostegno per proseguire l’attività: si tratta di cinque euro al mese per i bambini delle scuole materne e di dieci euro al mese per i bambini delle scuole secondarie di secondo grado. La coordinatrice Nadia Bertuglia dichiara inoltre di essersi privata dello stipendio correlato al progetto da settembre di quest’anno, per non aggravare i costi.

 

In questi giorni, però è scoppiata una polemica: in una classe ha iniziato a crescere ostilità verso il progetto, già iniziata con una raccolta firme. “Fino a quest’anno nessun genitore si era lamentato – dice Nadia Bertuglia. “All’inizio dell’anno scolastico, però, alcune famiglie di origine araba hanno lanciato una raccolta firme contro il progetto parlando sia della questione economica, in quanto il contributo richiesto è stato giudicato oneroso, sia del fatto che i propri figli non avrebbero dovuto partecipare al progetto perché ‘Allah non vuole’, in quanto la musica sarebbe contro i precetti coranici”.

 

Nonostante questa critica legata al credo religioso non sia stata scritta, alcuni genitori si sono rivolti alla Preside, la quale ha organizzato un incontro con due Imam della zona. Ciononostante alcune famiglie hanno spostato i propri figli in un’altra scuola. La motivazione ufficiale è un cambio di residenza, ma sembra che la polemica religiosa sia stata fondamentale per la decisione.

Naturalmente, non tutte le famiglie di origine araba la pensano allo stesso modo: diversi genitori si sono scusati con i referenti del progetto dissociandosi dal giudizio delle famiglie in questione. Molti hanno anche sottolineato il valore del progetto per i propri bambini.

“Il mio commento è che la scelta positiva, stimolante e innovativa di una scuola per sperimentare un’esperienza musicale di altissimo livello non può avere ricadute negative su un bambino, indipendentemente dal credo” continua Nadia Bertuglia. “Ne è prova il fatto che stiamo organizzando due concerti nelle moschee di Torino, come associazione Orme, insieme a Crescere in Orchestra e ai Pequenas Huellas”.

 

Il punto, infatti, è che si tratta di una scelta personale di alcune persone che professano la religione islamica. “Il Corano non si esprime in maniera chiara e diretta sulla questione musica – dice Mariachiara Giorda, ricercatrice di Storia delle Religioni – la religione in generale è un fatto storico e culturale e quindi c’è varietà di interpretazione e di vissuti dei testi sacri. Può essere, ed è lecito, che si interpretino testi poco chiari che prevedono il divieto di evasione e alienazione dalla realtà fino all’estremo: non si tratterebbe quindi solo del divieto di bere alcolici o consumare droghe ma, tra le altre cose, anche di ascoltare musica. La scelta è rispettabile, ma non rappresentativa della religione islamica tout court“.

 

La vicinanza al progetto di molte famiglie della stessa religione dimostra infatti la varietà interpretativa interna alla religione stessa. Qualsiasi credenza prevede al suo interno differenze interpretative di questo genere: non per questo un’interpretazione più rigida dei testi sacri rappresenta la visione islamica in generale, così come interpretazioni rigide della religione cattolica non sono, spesso, rappresentative del cattolicesimo nel suo complesso.

 

La vicenda solleva inoltre una questione importante: la scuola pubblica, laica e aperta a tutti, ha il dovere di insegnare la convivenza e l’incontro tra culture attraverso le attività con i bambini. Tale ruolo educativo, però, non deve mai essere una violenza verso alcuni, o perde di valore.

 

28/10/2015
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