torneranno i prati

Ermanno Olmi è un ragazzino di 83 anni suonati, ma non sembra che il tempo passi per lui. Cento anni dopo il grande massacro della Prima Guerra Mondiale, ha scelto di fare un piccolo film (80 minuti!), dedicato una a visione meditata e minimale della Grande Guerra: un avamposto nelle nevi venete, sul confine di guerra tra italiani e austriaci, sul finire del 1917. Soldati italiani, nella quotidianità della trincea, che ha livellato le differenze e reso tutti simili: fantasmi che affondano nei pesanti abiti per proteggersi dal freddo, gli occhi vuoti e l’isolamento dal mondo, il desiderio di tornare alle proprie case, gli incubi notturni e la febbre, il rancio quotidiano e la posta ricevuta, unici momenti di speranza. Sullo sfondo, l’incompetenza degli alti comandi, incarnati dal maggiore (C. Santamaria), che cerca di convincere i suoi sottoposti ad eseguire un ordine, della cui inutilità e del cui pericolo, forse anche egli è consapevole. Il nemico c’è, bombarda e spara, ma non si vede. La fine della guerra arriverà, ma a che prezzo, si chiedono i soldati semplici.

Più vicino a Rigoni Stern e al “Deserto dei tartari” di Buzzati, o a certe atmosfere meditative di Malick, piuttosto che al Rosi di “Uomini contro” o il Kubrick di “Orizzonti di gloria”, Olmi fa un film di guerra dal passo lento, si sofferma sul paesaggio montano innevato, al chiaro di luna, e sulle tenebre mal illuminate dalle lampade ad olio della trincea. Malinconico sguardo, quello del regista, che smonta la guerra in punta di piedi, senza mai alzare la voce (sarà casuale il titolo minuscolo?), con silenzi assordanti della quotidianità (illuminata con perizia abilissima da Fabio Olmi, figlio del cineasta bergamasco), pochi commenti musicali, come la tromba di Paolo Fresu, sue le struggenti note di commiato.

La neve si scioglierà e torneranno i prati, appunto: lasciando il dubbio che la carneficina sia successa davvero, a quelli che verranno dopo. Olmi esercita il vizio della memoria: ci ricorda che questo è stato, dedicando affettuosamente il film a suo padre, che la Grande Guerra l’aveva combattuta, e ne raccontava al piccolo Ermanno.

13/11/2014
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