Somos Mocoa

Ultimamente si è sentito parlare di Colombia in tutto il mondo, non per gli accordi di pace, che seguono a rilento ma per l’alluvione catastrofica che ha colpito Mocoa.

 

Pasto, la città in cui vivo, si trova a cinque ore di macchina dal capoluogo del Putumayo, splendida regione dove inizia l’Amazzonia colombiana, qui subito si sono mobilitate associazioni, istituzioni e civili per aiutare i vicini colpiti da una tragedia di dimensioni spaventose.

 

Più di 350 morti, un numero imprecisato di feriti e molti dispersi. Le piogge torrenziali che nell’ultimo periodo si sono abbattute sul sud della Colombia, hanno fatto straripare i tre fiumi che confluiscono a Mocoa, facendo letteralmente scomparire diciotto quartieri e i suoi abitanti.

 

Passata l’emergenza, ora l’impegno della regione e del governo colombiano è quello di poter trovare una sistemazione a chi ha perso tutto. Una tragedia annunciata, come molte di quelle che si abbattono su tutto il pianeta, anche se c’è chi preferisce parlare di natura che si ribella all’uomo, dell’impotenza di fronte a situazioni del genere, della “povera gente” che ne viene schiacciata.

 

Quello che invece sembra essere successo a Mocoa, nel corso di molti anni, è di aver utilizzato delle politiche ambientali ben poco rigide, che avrebbero creato un vuoto di boschi e foreste prima esistenti, quello stesso vuoto che ha lasciato liberi i fiumi gettarsi sulla città sotto forma di una valanga di fango.

 

L’abbattimento indiscriminato dei boschi, per lasciare spazio ai pascoli e alle coltivazioni, anche di coca e marijuana, unito con l’apertura di molte miniere, sono alcune tra le cause del disastro. Inoltre, la possibilità di costruire abitazioni in zone di altro rischio, ha fatto si che una parte dei cittadini di Mocoa, la parte più povera, pagasse le conseguenze con la propria vita.

 

Comprando un chilo di riso, uno di caffè e del cibo in scatola, per donarlo ai cittadini colpiti dalla tragedia, mi chiedo quando ancora sia basso il livello di consapevolezza che abbiamo delle risorse naturali, del loro scopo, del rispetto che gli dovremmo.

 

In paesi come questo, la natura era sacra, era madre e i propri figli la adoravano, la temevano. L’importazione di un modello economico altro e sbagliato, ha fatto si che, come nel resto del mondo, la natura sia vista come una risorsa, non una maestra.

 

La Colombia piange 300 cittadini persi, 300 vite scomparse nel fango. La solidarietà locale e internazionale aiuterà Mocoa e i suoi cittadini a risollevarsi, a tornare casa per chi l’ha persa e meta turistica per moltissimi viaggiatori, grazie alle sue spettacolari cascate e le sue millenarie tradizioni custodite dagli indigeni che hanno resistito alla colonizzazione prima e alla globalizzazione poi.

 

Qualcosa però dovrà cambiare, dovrà essere ripensato, qui in Colombia come ovunque, dovremmo smetterla di pensarci padroni di una natura di cui solo siamo un parte e usare la nostra intelligenza a suo favore.

24/04/2017
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