Quanto ci è costato avere Fede

Risulta purtroppo impossibile riuscire a stimare esattamente quanto ci sia costato, e ancora ci costi, il monopolio sulla televisione e sulle telecomunicazioni italiane di Mediaset e di Silvio Berlusconi. Se si valuta anche solo la mancata concorrenza con altre reti – di cui Rai non si può considerare un’eccezione – o i mancati guadagni per lo Stato dall’affitto delle frequenze, il costo appare già altissimo. Controindicazioni di un qualsiasi monopolio sono il blocco verso l’esterno, il ritardo nello sviluppo, la mancata innovazione dei sistemi. E anche in questi aspetti, l’anomalia italiana rimane fedele. Il peggiore di tutti rimane però quello della stagnazione intellettuale, soprattutto se si considera il campo in cui il monopolio si è verificato: quello dell’informazione, della comunicazione e della cultura, seppur radiotelevisiva.

Una cifra sicura che ora possiamo cominciare a introdurre in questa stima è quella, decisa il 7 giugno scorso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Dieci milioni di euro di danni morali e materiali dovranno essere corrisposti dallo Stato italiano a Francescantonio Di Stefano, visto che per 10 anni, dopo che nel 1999 aveva ottenuto, con regolare concorso pubblico, la concessione, non ha ricevuto le frequenze per trasmettere con il suo canale, Europa7.
Di Stefano aveva chiesto alla corte europea come risarcimento 2 miliardi di euro.
Peraltro i milioni da dieci diventano 11 perché a Di Stefano è già stato riconosciuto nel 2009, dal Consiglio di Stato un indennizzo di un milione di euro.
Ciò che preoccupa è che, senza dubbio, la cifra dovrà ancora salire, se si considera che nel febbraio 2008 Di Stefano, sulle pagine di Repubblica, descriveva i costi di mantenimento della struttura e degli studi di Europa 7 attorno ai 10-12 milioni l’anno.

Secondo Strasburgo quello infranto si chiama ‘diritto alla libertà d’espressione e d’informazione’.
Le autorità italiane non hanno rispettato l’obbligo prescritto dalla Convenzione europea dei diritti umani di mettere in atto un quadro legislativo e amministrativo per garantire l’effettivo pluralismo dei media” recita la sentenza.
La Convenzione prevedeva infatti che le frequenze venissero distribuite equamente aprendo le concessioni anche a concorrenti esterni, per evitare di stabilire appunto monopoli (o duopoli come per Rai e Mediaset in Italia).
Europa 7 non poté trasmettere fino al 2009, quando gli fu concessa una frequenza (al posto delle 2 vinte) sottratta alla Rai (anziché a Mediaset). Al posto suo ebbe il beneficio Rete4 ( con l’impareggiabile conduzione decennale del Tg4 a opera di Emilio Fede). Tutto questo successe perché i governi introdussero anno dopo anno leggi che estendevano il periodo in cui le tv che già trasmettevano potevano mantenere la titolarità delle frequenze.

Nel novembre ’94 la Consulta stabilì che le reti Fininvest dovevano scendere da tre a due.
Nei 18 anni che mancano per arrivare al 2012 si sono avvicendati governi di destra e di sinistra (tre governi Berlusconi, due Prodi, uno D’Alema, uno Amato, uno Dini e ora Monti) ma nessuno ha mai risolto quello che veniva chiamato il “conflitto di interessi” berlusconiano.
Nel ’96 il governo Prodi consentì a Rete4 – che non aveva alcuna concessione – di perdurare grazie alla legge Maccanico. E quando Europa 7 vinse la concessione e Rete4 la perse, D’Alema salvò Fede e compagni con una proroga ad hoc. Da qui in poi fu lo stesso Berlusconi, di nuovo al governo, a tutelare Rete4 con la legge Gasparri.
Nel 2006 con il ritorno di Prodi la questione parve passare nel dimenticatoio. Almeno fino a oggi. Oggi sarà lo Stato italiano a dover corrispondere il costo di 10 anni di Fede.

15/06/2012
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