Non si gamifica con il cibo!

 

 

Non si gioca con il cibo‘ è uno tra i rimproveri più classici di sempre. Due o più bambini annoiati dallo stare seduti a tavola cominciano a lanciarsi cose dai loro piatti fino a quando la madre (o la maestra o chi per lei) urlando quella frase pone fine alle ostilità, almeno per i cinque minuti seguenti.

 

  

I pubblicitari di McDonald’s Italia o sono stati dei bambini dalla condotta esemplare a tavola, oppure hanno avuto una madre (o una maestra o chi per lei) troppo permissiva, che non ha mai detto loro che con il cibo non si gioca, anzi non si gamifica. Ci riferiamo all’ultimo spot, in cui il telespettatore è direttamente coinvolto perché sarà lui a decidere, comprandone il più possibile, quale dei tre nuovi panini vincerà la sfida e rimarrà nel menu McDonald’s. Sul sito è possibile trovare la classifica sempre aggiornata di come sta andando la competizione. Questa strategia di marketing può essere considerata un buon esempio di gamification che Forrester Research definisce come l’inserimento di dinamiche e meccanismi di gioco in attività non ludiche con il fine di indurre un comportamento desiderato. Lo sviluppo di questa pratica è collegato alla presenza sempre più pervasiva dei socialnetwork nelle nostre vite e al modo con cui questi ristrutturano le nostre abitudini sociali. Abbiamo già recensito 15 milioni di celebrità, mediometraggio distopico che porta all’estremo le possibili conseguenze legate alla diffusione di pratiche di gamification. In questo caso, non volendo fare troppo i moralisti, sottolineiamo come queste strategie di marketing trasformino radicalmente il rapporto tra il cliente e il prodotto. Non si tratta infatti di un semplice concorso a punti 2.0. Le politiche di vendita di McDonald’s sono aperte al protagonismo di chi mangia, che giocando potrà scegliere, A patto di vincere chiaramente…

21/05/2013
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