L’ordine delle cose

Corrado Rinaldi (P. Pierobon) è un funzionario di polizia, incaricato dal Ministero di trattare con le autorità libiche, per il controllo dei flussi migratori. Vive a Padova, ha una moglie e due figli, è stato nella nazionale di scherma, è un uomo meticoloso e preciso. In Libia è affiancato da due colleghi italiani (G. Battiston e F. Ferracane) e uno francese (O. Rabourdin), nelle ispezioni al centro che accoglie migranti, stipandoli come sardine in scatola, senza alcun rispetto dei diritti umani. Gli italiani ne sono consapevoli, ma non possono farci molto e il Governo sollecita risultati al più presto. Quando la ragione di Stato, il cinismo della politica, l’obbedienza agli ordini si mescoleranno con i dubbi, derivanti dall’incontro con una ragazza somala, Corrado dovrà scegliere e non senza difficoltà.

Andrea Segre, una lunga serie di documentari alle spalle, torna al tema a lui caro della migrazione, questa volta con una storia di finzione. Lo fa con una sceneggiatura efficace, sfaccettando con profondità il suo protagonista (un ottimo Pierobon), lavorando sulle sottrazioni e le allusioni, ma anche sui dettagli (la sabbia del deserto che Corrado ama, il suo maniacale senso dell’ordine, la passione per la scherma mai dimenticata). Anche il resto funziona, musiche e comprimari compresi (da citare almeno Battiston e Citran).

Presentato a Venezia nella sezione “Proiezioni speciali” e da oggi nelle sale, di scottante attualità, racconta una storia possibile, inquietante quanto amara. Siamo davvero sicuri che la finzione sia così lontana dalla realtà?

07/09/2017
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