Le confessioni

In un albergo di lusso in Germania, gli otto ministri dell’economia delle grandi potenze sono riuniti in un summit. A presiedere l’incontro è il presidente del Fondo Monetario, Daniel Rochè (D. Auteuil). Scopo dell’incontro è varare un nuovo piano economico, che condizionerà le sorti del pianeta. Rochè sceglie di confidarsi con il monaco certosino Roberto Salus (T. Servillo) e la mattina dopo viene trovato cadavere. Suicidio? Omicidio? Il primo sospettato è proprio il monaco, che si rifiuta di rivelare il contenuto della conversazione con il banchiere, avvenuta durante una confessione. Gli altri ministri, a cominciare da quello italiano (P. Favino), sono irrequieti: la notizia della morte di Rochè potrebbe compromettere l’approvazione della manovra economica, ma forse anche la presenza, ai loro occhi ingombrante, di Salus, che forse sa più di quello che dovrebbe.

L’enigma della storia, che si gioca su un weekend, si svelerà lentamente con molti flashback che ricostruiscono il colloquio tra Sales e Rochè. Finale con un ghigno divertito e divertente, per un film all’insegna dei simboli e delle metafore. Qualcuno potrebbe liquidarlo in fretta come un (freddo) esercizio di stile di Roberto Andò, dopo l’acclamato “Viva la libertà” sempre con Servillo. C’è qualcosa di più complesso. Come molti film sul Potere (impossibile non pensare a Sciascia e Petri, con “Todo Modo”, seppur con molte differenze), la dimensione onirico-metafisica-grottesca è presente, ma qui si intrecciano anche i temi del cinismo politico, dell’espiazione e il senso di colpa, le contraddizioni umane di chi ha un ruolo pubblico importante. Salus è il catalizzatore silenzioso e pacato di uno scontro dialettico tra i potenti del mondo.

Peccato che la sceneggiatura, qua e là, rischi di scivolare troppo nel confuso e nell’allusione metaforica, fallendo in parte l’obiettivo di essere apologo feroce e tragico sul Potere e l’esercizio dello stesso. Resta comunque la regia impeccabile di Andò, con una fotografia affascinante, le belle musiche di Piovani e la prova degli attori, su cui, neanche a dirlo, spicca l’impareggiabile Servillo.

Intricato e complesso, anche se non perfetto. Forse merita una seconda visione per comprenderlo meglio.

22/04/2016
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