L’altro Escobar

Sono i mondiali del 1994, la Colombia deve assolutamente vincere la partita contro i padroni di casa, gli Stati Uniti,  per non uscire dalla competizione. La partita contro la Romania si era risolta in un fallimento per la squadra Sudamericana, un 3 a 1 pesantissimo, inaspettato. Tra i giocatori colombiani schierati infatti  ci sono i migliori di tutti i tempi, gente del calibro di Valderrama “El Pibe”.

Passa la prima ora di gioco e Andrés Escobar, difensore centrale, si lancia in scivolata nel tentativo di bloccare il tiro di un attaccante statunitense, l’intervento risulta controproducente, il portiere spiazzato non riesce intercettare il pallone deviato da Escobar, che entra in porta.

Un autogol fatale. La Colombia perde 2 a 1, e viene matematicamente eliminata dal mondiale. Evvabè. La squadra torna in patria e con lei anche Escobar.

E’ la notte del 2 luglio, il difensore colombiano esce dal ristorante “El Indio” della città di Medellin, sua città natale e sede del Nacional, squadra in cui gioca. Inizia una discussione nel parcheggio, i toni si fanno accesi, dopo poco Escobar è steso per terra con 12 colpi di pistola nel corpo. La promessa sposa, Pamela Cascardo, tenta una corsa disperata all’ospedale ma il giocatore muore prima di arrivarci.

12000 persone prenderanno parte ai funerali del “Caballero del futbal”, così chiamato per il suo fair play e la sua figura positiva, un  vero “signore del calcio”.

Ma con chi aveva litigato Escobar per meritarsi 12 colpi? Secondo alcuni testimoni, Escobar era stato attaccato verbalmente dai fratelli Pedro David Gallón Henao y Juan Santiago Gallón Henao, narcotrafficanti e legati al paramilitarismo, per quell’autogoal maledetto. L’autista dei due fratelli, una volta partita la discussione tra il calciatore e i “padroni”, sembra abbia impugnato la pistola e ucciso il “Caballero del futbal”.

Le ipotesi dietro all’omicidio sono varie e nessuna ancora è stata comprovata. Alcuni sostengono  che la morte di Escobar fosse una punizione dei narcotraficcanti per aver fatto perdere milioni di dollari in scommesse, altri che era semplicemente uno dei frutti del clima di terrore che il narcotraffico stava facendo vivere al paese, specialmente nella città di Medellin.

 

Quello che è certo è la relazione fortissima che esisteva tra il calcio e il narcotraffico. Non è un mistero che l’altro Escobar, quello cattivo, invertisse una parte dei proventi del traffico di cocaina in quote del Atletico Nacional di Medellin e che la squadra di Bogotà “Milionarios” appartenesse a José Gonzalo Rodriguez Gacha, altro narcotrafficante del cartello di Medellin, per esempio.

La Colombia quell’anno venne eliminata prematuramente dal mondiale anche per il clima di terrore in cui i calciatori erano costretti a giocare, certamente non solo per quell’autorete di Escobar.

Il centrocampista  Gabriel Jaime Gomez Jaramillo si era rifiutato di giocare poche ore prima della partita contro gli Stati Uniti perché minacciato dai narcotrafficanti, era stato ritenuto il responsabile della sconfitta contro la Romania nella partita precedente. Il portiere della nazionale era stato incarcerato prima della coppa del mondo perché aveva preso parte a un sequestro di persona.

E come ciliegina sulla torta, anche il figlio di Luis Fernardo Herrera, altro giocatore della nazionale, era stato sequestrato pochi mesi prima di Usa 94’.

Come dare il meglio di se in un clima del genere?
Escobar era promesso al Milan per l’anno seguente ed era un esempio più che positivo di uomo e calciatore, in quegli anni però la smania di potere dei narcos non guardava in faccia a nessuno, soprattutto in una Medellin teatro di una guerra iper sanguinaria tra narcotrafficanti, polizia e paramilitari.

L’omicida grazie a una buona condotta e la riforma del codice penale colombiano del 2011, adesso è libero, dopo 11 anni di carcere.

Escobar è rimasto comunque nel cuore dei tifosi del Nacional di Medellin, che due anni fa hanno celebrato il decennale della morte del calciatore, il suo “numero 2” per molto tempo non è stato ceduto a nessun’altra giocatore.
Escobar, il calciatore che avrebbe potuto portare nel mondo un’immagine della Colombia ben diversa da quella del suo omonimo ma che è stato ucciso dai “colleghi” di quel Pablo che tristemente tutti conosciamo.

 

04/11/2016
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