L’accabadora

Annetta (D. Finocchiaro) è una donna solitaria nella Sardegna del 1940, in pieno conflitto mondiale. Si sposta dalla campagna a Cagliari, alla ricerca di Tecla, la nipote che ha promesso di accudire dopo la morte della sorella. Ma Annetta è una figura mitologica, un’accabadora appunto: colei che porta la morte ai malati gravi, oggi diremmo che pratica eutanasia. I fantasmi del suo passato, e del suo presente, accompagnano la sua ricerca di Tecla tra le rovine della città bombardata, sotto il fuoco degli Alleati. A poco a poco apprendiamo il suo passato, l’origine della sua “missione”, i suoi incubi ad occhi aperti.

Enrico Pau, anche sceneggiatore del film, ci accompagna in una storia misconosciuta, che attinge al folklore e alla tradizione sarda, oltre che alla narrativa (Michela Murgia), con distaccata freddezza. E’ un film di sobrio rigore, fatto di sottrazioni, silenzi, dissolvenze. Lascia aperti molti temi: il senso di colpa, l’espiazione, la carità per i morenti, la sofferenza fisica e spirituale dei protagonisti, prima fra tutti Annetta. Donatella Finocchiaro è un’interprete di rara intensità, in una recitazione sotto le righe. Contrasto della fotografia giocato tra il bianco accecante della città devastata, tra rovine e calcinacci, e gli interni oscuri di scantinati e rifugi antiaerei.

Insolito, dal passo lento e misurato, come il dolore che attraversa i suoi protagonisti.

20/04/2017
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