La Palestina r-esiste

 

Da ieri con 138 si, 9 no e 41 astenuti la Palestina é Stato non membro osservatore permanente alle Nazioni Unite. L’importanza storica di questo coraggioso gesto della diplomazia sta tutto nella parola Stato.

Non esistono più i Territori Occupati, ma uno Stato, pur sempre sotto occupazione, dichiara un dirigente dell’Autorità Nazionale Palestinese. Questo passaggio asserisce e mostra al mondo intero rappresentato dall’Assemblea Onu che colonie, bypassroads, checkpoints sono aberrazioni del diritto internazionale che regola le relazioni tra Stati. Più che un riconoscimento si tratta, per il presidente palestinese Abu Mazen, del certificato di nascita della Palestina. Questa parola liberata riecheggia per le strade di Betlemme, Ramallah e Gerusalemme. E persino tra i coraggiosi pacifisti israeliani di Tel Aviv.

 

Parlare di Stato palestinese non significa pronunciarsi per una lotta che ha risvolti drammatici, ma riconoscere un diritto. La tragedia della storia dei totalitarismi ci insegna che il pericolo più grande è la cancellazione del nome che annulla l’identità di spirito. Oggi questo nome viene pronunciato con fermezza nel silenzio che le armi hanno concesso dopo giorni di battaglia a Gaza. E cambia il senso dell’ultima campagna militare di Israele che voleva affermare la violenza come strategia per consolidare potere nei negoziati. Invece la Francia ha dichiarato che proprio gli attacchi delle ultime settimane hanno spinto Hollande a votare si. E anche l’Italia lo ha fatto, forse con l’ambizione di rinsaldare il suo ruolo nel Mediterraneo.

Il no degli Stati Uniti invece, e l’inconsistenza delle argomentazioni della Rice, mostra la posizione ideologica di chi a priori di pace con giustizia non vuol sentir parlare. Ipocrisie e pericoli non mancano: da chi vuole strumentalizzare questo momento per negare il diritto al ritorno dei profughi palestinesi, riaffermando la visione di un Israele ebraico, dove nazionalità, confessione religiosa ed etnia coincidano in un concetto di cittadinanza assai poco democratico, alla realtà dei fatti sul campo, dove probabilmente poco cambierà. Eppure questo voto non solo riaccende la speranza, ma ci regala un nuovo vocabolario e le parole, si sa, cambiano il mondo.

 

La Palestina r-esiste. Lo slogan dei movimenti pacifisti che dal basso hanno sempre sostenuto il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese é realtà. Di certo, se la parola Stato significa solo monopolio della violenza e corruzione, questa vittoria andrà sprecata.

Ecco perché l’appello di Vik rimane così attuale anche in questo momento: restiamo umani!

30/11/2012
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