La forma dell’acqua

Elisa (S. Hawkins) è muta e fa le pulizie in un laboratorio scientifico di Baltimora. Siamo in piena Guerra Fredda e gli esperimenti americani sono tutti all’insegna della competizione con i sovietici. Elisa ha una vita solitaria, l’unico amico è il vicino di casa Giles (R. Jenkins), disegnatore e omosessuale attempato. Un giorno al laboratorio arriva una misteriosa creatura, scortata dall’agente Strickland (M. Shannon), che l’ha catturata in Sudamerica e si aspetta che gli scienziati americani la possano studiarne e carpirne i segreti. Elisa, che comunica a gesti, è attratta dallo strano essere e, piano piano, instaura una forma di comunicazione con lui, stabilendo un rapporto che la porterà a pensare di far fuggire quella che per gli scienziati è solo una cavia da sezionare.

Guillermo Del Toro (“Il labirinto del fauno”) firma la regia e il soggetto di una pellicola difficile da classificare. E’ in fondo una tenera favola romantica, dove due diversi, che non possono esprimersi con le parole, trovano il modo di stabilire un contatto. Cast di prim’ordine (da citare anche Olivia Spencer e Michael Stuhlbarg), colonna sonora anni ’50 molto azzeccata, e un mescolamento di generi: dal fantasy, all’horror, fino alla spy story, tutto frullato con il personale stile del regista e illuminato da guizzi di umorismo, in alcuni dialoghi.

Leone d’oro al Festival di Venezia, due Golden Globe e 13 nomination agli Oscar. Una scommessa difficile, ma certamente azzeccata. Un fascino estetico, ma anche metaforico, innegabile.

Onore al merito.

15/02/2018
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