Infrazioni italiane. Sanzioni europee

italia-europa-politica

 

 

114 procedure di infrazione. Più di 14.000 cause pendenti presso la Corte di Giustizia.
Non sono numeri da riferire a un noto latitante né a un disastro naturale. Sono violazioni del diritto dell’Unione Europea. Infrazioni degli obblighi comunitari e mancati recepimenti delle normative che l’Europa contesta all’Italia. La stessa Italia che quei patti e quei regolamenti li ha scritti e firmati.
Infrazioni che prevedono sanzioni. “La Commissione Europea ha indicato che l’Italia deve pagare in via forfettaria circa 9.920.000 euro per ogni infrazione. A questa cifra bisogna aggiungere le penalità di mora, che oscillano tra i 22 mila e i 700 euro al giorno”. Tutto questo da moltiplicare per il numero di infrazioni commesse. (Fonte Openpolis).

 

La natura delle infrazioni. C’è un po’ di tutto. Non proteggiamo le galline ovaiole; non sanzioniamo le reti da pesca; non rispettiamo le condizioni per la coltura di Oryza sativa (una delle due specie di piante da cui si produce il riso); abbiamo una pessima applicazione delle direttive per gli ascensori.
Senza ironia: queste per far comprendere che in Europa i regolamenti esistono, anche per cose che diremmo meno prioritarie.
Ma l’Italia non attua nemmeno quelli che definiremmo più seri e di cui in Parlamento o in tribunale si è parlato sicuramente.
“Non corretto recepimento della direttiva relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni” (si pensi alla Sardegna, novembre 2013). Infrazione delle “norme di sicurezza per le navi da passeggeri” (naufragio della Concordia, gennaio 2012). Violazione “sull’affidamento dei servizi di intercettazione telefonica” (Scandalo Telecom, 2006). Solo alcuni esempi.

Delle 114 infrazioni – specificatamente 78 per violazione del Diritto Ue e 36 per mancato recepimento di direttive – ben 22 riguardano il settore ambientale, 16 i trasporti e 13 fiscalità e dogane.

 

Per l’ambiente: si va dalla “Non corretta applicazione delle direttive sui rifiuti. Misure di controllo sulle discariche abusive” (del 2003) per cui la Commissione di Bruxelles ha chiesto 61 milioni di multa e una penalità di 256 mila euro per ogni giorno in cui l’Italia non si è conformata ai richiami, all’emergenza rifiuti in Campania (del 2007), per cui nel giugno 2013 Bruxelles ha avviato un ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia contro l’Italia per il suo “prolungato inadempimento in materia di gestione dei rifiuti” e richiesto una multa di 25 milioni per le passate violazioni e una sanzione di 250 mila euro al giorno finché la situazione non tornerà a norma.
Altro caso, quello dei siti industriali inquinanti, come l’Ilva di Taranto, per “mancata riduzione degli elevati livelli di emissioni non controllate generate durante il processo di produzione dell’acciaio”. E ancora, il mancato recepimento della direttiva Ue contro l’emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna; rifiuti di imballaggio, emissioni industriali, fino al mancato recepimento della direttiva che istituisce “un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi”.

 

Nel settore trasporti: le violazioni dei diritti dei passeggeri su bus, navi e aerei. La mancanza di “assistenza specifica gratuita per le persone con disabilità sia presso le stazioni che a bordo degli autobus”, come da regolamento Ue n. 181/2011.

 

Nel lavoro: il 4 luglio scorso la Corte di Giustizia Ue ha sentenziato che Roma ha violato l’articolo 5 della direttiva 2000/78, per non aver imposto “a tutti i datori di lavoro di prevedere soluzioni ragionevoli applicabili a tutti i disabili”.
Per quel che riguarda i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese, se in base alla direttiva 2011/7/Ue i debiti vanno pagati entro 30 giorni (eccezionalmente 60) da noi il tempo medio è di 170 giorni. E, sempre verso le imprese, la violazione della direttiva 112 del 2006 sul rimborso dell’Iva già pagata, che in Italia avviene in media 2 anni dopo la presentazione della domanda. Procedure queste per cui siamo già in mora.

 

In materia sanitaria e farmacologica: non abbiamo ancora attivato la direttiva 2012/26/Ue sulla farmacovigilanza utile agli Stati a vietare il commercio e l’uso di un medicinale sul proprio territorio, anche solo in attesa di una decisione definitiva.

 

Sui diritti: l’Italia è da tempo in mora per aver infranto i regolamenti sui permessi di soggiorno e lavoro per gli stranieri, per aver mal gestito le domande ricevute di protezione di rifugiati e profughi di guerra e anche per le condizioni di accoglienza praticate verso i richiedenti asilo politico.
Infine, tra pochi giorni (il 28 maggio), la Corte europea dei diritti dell’uomo pronuncerà la sentenza sui trattamenti inumani e degradanti dei detenuti costretti nei penitenziari italiani.

 

Ministeri, dicasteri segreterie e uffici tutti dicono da tempo che questi punti (tutti e 114, compreso quello sulle quote latte) siano tra le priorità per ridurre i danni. Sandro Gozi, il sottosegretario alle Politiche europee sta procedendo alla stesura del pacchetto speciale di norme per ridurre il numero di procedure. Gli strumenti li ha. Gli obiettivi li conosce.
Per chiudere. Nel 2012, a causa delle violazioni dei diritto europeo, riscontrate dalla Corte di Strasburgo, l’Italia ha dovuto versare 120 milioni di euro in indennizzi. Pare che sia un record tra i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa. Anche nel 2013 abbiamo raggiunto un altro record, al 31 dicembre le procedure d’infrazione avviate nei nostri confronti erano 104.
Va detto che non si paga a fine anno e che ogni procedura prevede tempi diversi sia per arrivare a sanzione, sia per raggiungere la soluzione e quindi l’adempimento.
Va anche detto che da 104 (a gennaio) siamo passati, come scritto all’inizio, a 114 (a maggio).

22/05/2014
Articolo di