Indagati per aver aiutato i migranti. Il caso di “Ospiti in arrivo”

Sono accusati di favoreggiamento della permanenza di stranieri presenti illegalmente in Italia per trarne ingiusto profitto ed invasione di edifici. Sette volontari dell’associazione “Ospiti in Arrivo” hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini da parte della Procura di Udine, per fatti risalenti agli inizi del 2015. Udine, città del Friuli Venezia Giulia, dall’inverno rigido e impietoso, all’epoca dei fatti contestati ha visto l’arrivo di migranti provenienti dalla rotta balcanica, in maggioranza cittadini pachistani e afgani.

Persone in fuga, arrivate in una città senza strutture e servizi per accoglierli. Così, un gruppo di cittadini attivi, ha deciso di dar loro una mano. Hanno distribuito coperte e pasti caldi, alleviando le difficoltà di queste persone. In sostanza hanno fatto quello che la città non era in grado di garantire.
Ma per queste azioni, che potremmo – senza difficoltà alcuna- annoverare nella solidarietà umana, è stata aperta un’indagine, conclusa con le accuse prima citate. Nessuno per ora è a processo, ma il rischio che questa interpretazione della magistratura rappresenti un precedente pericolo per quanti operano per aiutare i migranti è concreto.
Per capire meglio la questione e la dinamica andiamo posto alcune domande a Laura Gubinelli, presidente dell’Associazione “Ospiti in arrivo”.

 

Quando nasce la vostra associazione e cosa è accaduto a Udine a cavallo tra il 2014 e il 2015?

Nell’estate del 2014, di fronte all’arrivo nella nostra città di decine e decine di migranti provenienti dalla rotta balcanica, inizia la nostra attività. Inizialmente eravamo una decina di persone, cittadini attivi che non hanno girato lo sguardo di fronte a quanto stava accadendo di fronte a noi. Questi migranti, in maggioranza provenienti da Pakistan e Afganistan non avevano nulla e noi abbiamo cercato di dare aiuto ed accoglienza. All’epoca Udine era impreparata a dare risposte al fenomeno migratorio. A queste persone, arrivate in un Paese straniero, stremati da lunghi viaggi, abbiamo fornito delle coperte, per sopportare le temperature rigide dell’inverno, beni di prima necessità e cibo. Erano come invisibili per la città e trovavano rifugio in luoghi di fortuna, in assenza di un sistema istituzionale di accoglienza. Numericamente il fenomeno è cresciuto nel tempo: da 30/40 persone ci siamo ritrovati a fornire cibo, in un parco pubblico, anche a 100 persone.

 

Che tipo di informazioni avete dato ai migranti presenti nella vostra città?

Dovete tenere a mente che queste persone sono arrivate a Udine, fuggendo da un territorio lontano per motivi umanitari, e non parlano la nostra lingua, quindi per loro conoscere i passaggi per avviare le pratiche necessarie all’ottenimento dello status di richiedente asilo è difficile, se non impossibile. Mi sembra una cosa normale e umana. Abbiamo fornito informazioni basilari a chi ci aveva dimostrato la volontà di intraprendere il percorso per l’ottenimento della protezione umanitaria, in un una città che si era trovata sprovvista di fronte all’arrivo dei migranti.
In tutto questo periodo noi abbiamo costantemente informato e ci siamo relazionati con le istituzioni, con l’obiettivo di risolvere questa emergenza per evitare di lasciare queste persone in mezzo ad una strada, ma i processi per mettere in moto strutture e servizi di accoglienza hanno tempi molto lunghi.

 

Cosa vi contesta la magistratura?

E’ arrivato un avviso di conclusione di indagini preliminari in merito ai fatti che vi ho appena raccontato. Le contestazioni vanno dall’aver trovato un luogo per questi soggetti, fornito loro del cibo e di aver accompagnato 30 soggetti presso la Caritas. In sostanza nel fascicolo di accusano di aver favorito l’immigrazione clandestina, proprio per aver fornito informazioni e aiuto ai migranti.
Non voglio giudicare il contenuto delle carte, e se mai ci sarà un processo ci difenderemo dalle accuse. Ma siamo convinti di non aver fatto nulla di male, anzi: abbiamo solo aiutato delle persone in difficoltà.

 

Qual è la situazione ad Udine, oggi?

Oggi Udine, come Gorizia e Pordenone, sono mete di transito per migranti in cerca di protezione umanitaria. Gli arrivi sono diminuiti rispetto all’anno passato, ma il fenomeno esiste e purtroppo ci sono ancora delle carenze.

 

Ci sono state delle dimostrazioni di solidarietà rispetto alla notizia di chiusura delle indagini nei vostri confronti?

Abbiamo ricevuto attestati di solidarietà dai cittadini di Udine, ma non solo. Una petizione su change.org ha raggiunto 5mila sottoscrizioni e giornalisti di testate nazionali, come Fabrizio Gatti, hanno raccontato la nostra esperienza.
Credo che il punto da focalizzare non sia tanto la nostra vicenda giudiziaria, ma chiediamoci perché sono nate tutte queste associazioni. Perché esiste un vuoto, esistono delle carenze, risposte mancanti che le istituzioni non sono ancora riuscite a dare. Inoltre, credo che questa vicenda debba far riflettere tutti, in particolare modo tutti coloro che operano nel sociale, nell’ambito dell’accoglienza e dell’aiuto dei migranti che, dopo questo fatto, potrebbero essere a rischio di indagini giudiziarie.

27/06/2016
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