Il PD, le primarie e la capacità di sintesi

 

E’ trascorsa ormai una settimana dalla conclusione dell’appuntamento che Renzi, sindaco di Firenze, ha lanciato nella sua città con il titolo di Big Bang Stazione Leopolda.

Chi di noi ha vissuto il raduno dei giovani di Libera a Firenze, ha ricordato la voce registrata della tramvia (la mitica linea 1 che porta da Scandicci al capoluogo toscano) che annunciava ogni dì, prima di Santa Maria Novella: “Porta al Prato Leopolda”.

Alla fine… la Leopolda… al prato… ce l’ha portata Matteo Renzi.

3 giorni di disussioni, di proposte e di idee, con tanto di pagina facebook e di possibilià di interagire con twitter e quindi con il contributo di tante tante persone e di alcune personalità, tra cui l’economista Zingales, il produttore Gori (anzi “ex” perchè si è appena dimesso da Magnolia), l’ex sindaco di Torino Chiamparino e lo scrittore Baricco.

Alla fine ci restano 100 proposte suddivise in 5 aree tematiche

 

  1. RIFORMARE LA POLITICA E LE ISTITUZIONI

  2. FAR QUADRARE I CONTI PER RILANCIARE LA CRESCITA

  3. GREEN, DIGITAL, CULTURA E TERRITORIO: LE NUOVE LEVE PER LO SVILUPPO

  4. DARE UN FUTURO A TUTTI

  5. PER UNA COMUNITA’ SOLIDA E SOLIDALE

 

E ovviamente facciamo i conti anche con il clamore e le polemiche mediatiche per quella che in molti annusano come un’uscita allo scoperto in vista di possibili elezioni e di possibili primarie per individuare il candidato premier del futuro.

Non sono mancate le frecciatine a distanza con Bersani, la Bindi (persino Vendola), così come non è mancata la contestazione al sindaco fiorentino, ieri nella manifestazione romana.

 

La prima considerazione è che di certo tante cose si possono rimproverare al PD, ma non quella di non avere idee: chè tra quelle del Big Bang e quelle sul sito del Partito Democratico, votate dall’Assemblea Nazionale, di certo non si può dire che non ci sia fermento cerebrale!

 

La seconda considerazione è un auspicio: mai come in questo momento c’è bisogno di coesione e d’unità di intenti per uscire dalla crisi. Speriamo che quello che i sondaggi ormai incoronano come il primo partito italiano, non sprechi energie in beghe interne e litigi, ma corra compatto verso la definizione di un programma di rilancio che non può prescindere dalle alleanze (la vocazione maggioritaria è infatti un lontano ricordo).

 

La terza considerazione è sulle primarie: non per entrare nelle polemiche (uno o più candidati per ogni partito?), ma per chiarire che le primarie avvicinano i cittadini alla partecipazione democratica e quindi sono una sacrosanta intuizione. Sarebbe bello averle per decidere il premier (a destra come a sinistra) e altrettanto sensato sarebbe farle per decidere i candidati al parlamento, soprattutto nel caso in cui non si riesca andare al voto con una legge elettorale diversa.

 

 

Quel che mi pare evidente è che alla politica italiana manchi ancora la capacità di saper discutere all’interno dei partiti rispettando le diverse posizioni e la decisiva capacità di sintetizzare queste posizioni.

Quest’ultima lacuna è infatti esiziale ed è probabilmente la ragione per la quale in Italia è più facile che i partiti si dividano piuttosto che si uniscano (di fatto il bipolarismo non ha mai funzionato pienamente).

Ad ogni modo, che piaccia o no, oggi l’unico vero tentativo di sintesi politica di culture differenti è rappresentato proprio dal Partito Democratico. Chissà se i suoi intepreti avranno l’umiltà necessaria per farlo diventare grande: credo lo scopriremo presto.

 

 

 

 

 

 

 

07/11/2011
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