Il futuro dell’immigrazione

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Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), nel 2014 almeno 348 mila persone nel mondo hanno compiuto una migrazione per cercare asilo in altri Paesi. Di queste, 4.272 sono morte mentre erano in viaggio. Finora non erano mai state così tante. In particolare, su 4.272 persone morte, ben 3.419 sono scomparse nel Mar Mediterraneo, su oltre 207 mila che hanno provato ad attraversarlo. Unhcr stima che almeno il 50% del flusso totale, “componente essenziale”, provenga da Paesi fonte di rifugiati, ossia dove sono in atto conflitti e persecuzioni (Siria ed Eritrea in massima parte).
Per quel che riguarda l’Italia i dati Istat sull’immigrazione dicono che nel 2013 il numero di stranieri che vi si è stabilito è calato del 12% rispetto alla media degli anni precedenti: nel 2013 sono stati 280 mila gli stranieri che hanno preso la residenza in Italia. Nel 2012 erano stati 321 mila. Nel 2011 quasi 355 mila. Mentre sono stati 82 mila gli italiani (quasi tutti tra i 20 e i 45 anni), che sono andati a vivere all’estero. Un aumento del 20,7% rispetto al 2012, il più alto negli ultimi dieci anni. Ma non solo gli Italiani vanno via dall’Italia. Nel 2013 sono quasi 44 mila gli immigrati che se ne sono andati, il 14,2% in più rispetto al 2012.
Il Ministero dell’Interno dice inoltre che, in 14 Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (Cara) che si trovano sul territorio, stavano (a fine settembre 2014) 10.395 persone, per 8.608 posti effettivi. Mentre negli 11 Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie) erano 373 persone per 790 posti.

 

Letti e analizzati i numeri sopraelencati negano tutte le più diffuse percezioni italiane sull’immigrazione. Argomento che riempie giornali e telegiornali, bar e salotti. Che colorisce le campagne elettorali di un buon numero dei partiti italiani, con slogan come “Fermiamo l’invasione”. Ma non solo, se è vero, come diceva un esperto del settore, che “il traffico di droga rende meno…” del business dei migranti, allora il settore andrebbe catalogato tra gli argomenti di tipo economico, vista la crisi (anche di argomenti).
Data la valutazione monetaria ne derivano: cura, progettazione e investimenti. A livello locale, regionale, nazionale e continentale.
Ecco il Processo di Khartoum. L’embrione della futura politica dell’Europa contro il traffico di esseri umani e per il controllo dei flussi migratori. In particolare quelli che hanno origine dal Corno d’Africa.

 

In principio fu Mare Nostrum, missione militare ed umanitaria la cui finalità era prestare soccorso ai clandestini nel Mediterraneo, attuata dall’ottobre 2013 al 1° novembre 2014 dalle forze della Marina Militare dell’Aeronautica italiane. Nata in risposta alla tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013, in cui persero la vita 366 persone provenienti da Eritrea, Somalia, Ghana, Etiopia e Tunisia. Un anno, circa 160 mila persone soccorse in mare. Un costo calcolato intorno ai 9,5 milioni di euro al mese.
Quando l’Italia  ha mostrato all’Europa di non poter gestire da sola il traffico di migranti del Canale di Sicilia è nata Triton. La missione che sostituirà tutte le operazioni attive nel Mediterraneo, controllerà le frontiere europee e sarà gestita da Frontex. Per ora prevede uno stanziamento mensile di 2,9 milioni di euro e l’impiego di un numero minore di mezzi. L’operazione assicura la tutela delle coste europee, ma, a differenza di Mare Nostrum, non opera sulle coste da cui i migranti partono. Insomma bada all’arrivo, non alla partenza.
Il futuro, quello programmato alla Conferenza ministeriale euro-africana su migrazioni e sviluppo, tenutasi a Roma a inizio dicembre, si chiama, come detto, Processo di Khartoum. I partner sono, da un lato i 28 membri dell’Unione europea, dall’altro i Paesi da cui i flussi partono e che i profughi attraversano: Eritrea, Egitto, Etiopia, Gibuti, Kenya, Libia, Somalia, Sudan, Sud Sudan e Tunisia. Ancora non prevede nulla di ufficiale ma si è cominciato a discutere della realizzazione di campi profughi nei Paesi a Sud della Libia. Campi che andrebbero gestiti inizialmente da Unhcr e Organizzazione internazionale per le Migrazioni (OIM). Una volta accolte nei campi profughi le persone formuleranno una richiesta d’asilo che verrà vagliata. L’Europa e i suoi Paesi membri accoglieranno le richieste accettate e ospiteranno i rifugiati.
Il Processo di Khartoum è ancora nella sua fase iniziale e molto va definito. A cominciare dalle cose concrete come le quote di accoglienza per ciascun Paese dell’Ue, i finanziamenti, l’informazione nei Paesi africani e l’addestramento delle polizie di frontiera. Tuttavia, fin d’ora viene semplice avanzare dubbi sulla visione di questo progetto, che suppone di far collaborare tra loro alcuni Paesi governati da dittature o ancora senza governi riconosciuti in Africa e Paesi che chiacchierano su percentuali di possibili sforamenti al patto di bilancio in Europa. Che prevede di usare il sistema, tutto europeo, dei campi profughi in una terra come l’Africa in cui le migrazioni sono da sempre soluzione fisiologica agli sconvolgimenti naturali, oltre che ai frequenti conflitti. E infine, che ipotizza di istruire e affidare la gestione delle strutture alla polizia di questi Paesi che è incline, viste le condizioni di estrema povertà generale, alle lusinghe della corruzione. Senza considerare che dalle stesse lusinghe sono affascinati coloro che vivono in Paesi più ricchi e più civili, in città più servite, e svolgono ruoli professionali che la logica non dovrebbe far presumere esposti collusione e corruzione.

 

19/12/2014
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