Il cliente

Emad (S. Hosseini) e Rana (T. Alidoosti), marito e moglie a Teheran, sono costretti a cambiare appartamento, perchè il palazzo in cui vivono sta crollando. Ne trovano uno nuovo, senza sapere che la precedente inquilina, era una donna di facili costumi, a detta dei vicini del condominio. Intanto stanno ultimando le prove per la messa in scena di “Morte di un commesso viaggiatore”, di Arthur Miller. Un giorno Rana viene aggredita in casa e finisce in ospedale, traumatizzata nello spirito, più che nel corpo. Forse qualcosa nella dinamica della coppia (e in ciascuno dei due) si è rotto: lui vuole trovare l’uomo che ha picchiato la moglie, lei non vuole fare denuncia e non resiste più in quella casa. Contemporaneamente le repliche dello spettacolo, tra varie tensioni, vanno avanti.

Asghar Farhadi (premio Oscar per il film straniero per “Una separazione”) indaga i rapporti umani con feroce precisione: è una storia che tiene insieme i vuoti, i non detti, i rimorsi e, allo stesso tempo, le insistenze vigliacche, le divagazioni dolorose, le coazioni a ripetere. Quello che spesso non riescono a dirsi i personaggi, finisce per esplodere sul palco del teatro, dove gli sfoghi delle emozioni represse prevalgono. E’ una storia che parla di molti temi: senso di colpa, giustizia, vendetta, espiazione, perdono, dignità. Il finale costringe i protagonisti, e di riflesso noi spettatori, a mille domande, di fronte alla situazione che ribalta i ruoli di vittime e carnefici.

Due premi allo scorso Festival di Cannes: migliore sceneggiatura a Farhadi e miglior attore per Hosseini.

Amarissimo.

06/01/2017
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