I colori di una vita

 

 

da Narcomafie.it

 

Maddalena Rostagno racconta un mondo. È un pianeta colorato e allegro, dove il dolore si distingue con nitidezza, ma non lascia spazio alla rassegnazione e si trasforma in amore. È il suo mondo, inevitabilmente plasmato – come lo è per ogni figlio – dalle scelte di Mauro e di Chicca, il padre e la madre. Uno spazio che ha custodito con gelosia per anni, ma che oggi ha deciso di raccontare. Quel mondo – “noi tre”, come più volte lo chiama – viene cancellato dal piombo, il 26 settembre del 1988, giorno dell’omicidio del padre, avvenuto a Valderice, Trapani. Ma le rimane inciso nella memoria. Il ricordo racconta di un amore incondizionato, vivido, viscerale, di quelli che ti fanno salire un brivido per la schiena, riempire il cuore, emozionare, piangere, sorridere, riflettere. È un sentimento autentico, e non potrebbe essere altrimenti. Il sentimento descritto è quello provato per Mauro.

 

Maddalena Rostagno scrive del padre insieme ad Andrea Gentile, pubblicando Il suono di una sola mano. Storia di mio padre Mauro Rostagno, edito da Il Saggiatore. Nello scritto non c’è solo il ricordo di una figlia, ma uno spaccato di storia italiana. Come dichiarato da Michele Serra nella prefazione di questo volume, sono «le mille vite di Mauro Rostagno» che narrano un capitolo della nostra storia recente. Un’avventura che parte da Trento con le rivolte studentesche e si conclude a Trapani, fronteggiando la mafia dagli schermi di una televisione locale – Rtc – con schiettezza e semplicità di linguaggio, ironia e sfrontatezza. Nel mezzo ci sono Lotta continua, il centro sociale Macondo, l’India. Ci sono i colori, la musica, le immagini, le emozioni. Ci sono i tratti indelebili di un uomo che ha dedicato la vita alla ricerca del cambiamento.
Nelle 280 pagine del libro i due autori scrivono come se stessero ballando. Spesso si distingue il tratto dei due scrittori, ma in altri passaggi il racconto assume un ritmo capace di far perdere il lettore tra emozioni e dati, in un amalgama di stili. Un racconto personale, certo. Ma non solo. Perché prende spunto dalle carte, dai libri, dalle esperienze personali, dalle inchieste di Mauro Rostagno. Tutto per raccontare l’evoluzione di un uomo che andava dicendo: «Non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena di trovare un posto». Una ricerca fatta con gli altri, per tutti.

 

Maddalena Rostagno racconta i 15 anni vissuti insieme ai genitori. Scrive di quando era bambina e poi adolescente, delle esperienze fatte in pochi anni, girando il mondo accanto a loro. Nel dipingere queste fasi fa un enorme regalo al lettore, permettendogli di aprire la “scatola arancio”, quella con i ricordi belli. Ricordi che delineano un Mauro Rostagno che solo la figlia può descrivere: un padre affettuoso, presente, allegro, amorevole. E l’uomo pazzamente innamorato di Chicca, la sua compagna, con la quale vive un rapporto intenso, dall’India alla Sicilia.
La giovane donna scrive anche dei 23 anni senza il padre, perché la storia di quest’uomo non finisce con la sua morte. Perché molto si è scritto e detto, ma non ancora la verità.
Oltre al rosso, l’arancio e il bianco, c’è il colore del fango, gettato sulla figura di Rostagno all’indomani dell’assassinio, ma anche sugli amici, sui compagni di una vita e persino sulla famiglia. Sono queste le pagine del libro in cui il dolore di Maddalena si fa concreto, palpabile. Nel descrivere le fasi delle indagini che hanno portato all’ipotesi del delitto tra compagni, con l’accusa che essi volevano far tacere uno dei fondatori di Lotta continua perché al corrente dei nomi degli assassini del commissario Calabresi, traspare l’incredulità di una simile tesi, smontata da una lunga serie di indizi che portavano altrove. Ma il dolore trapassa le pagine del libro quando Maddalena torna al 1996: dopo otto anni da quel 26 settembre del 1988, il pm Gianfranco Garofalo è convinto che il delitto sia maturato all’interno di Saman, la comunità di recupero per tossicodipendenti fondata a Trapani. In carcere finisce anche Chicca Roveri accusata di favoreggiamento per aver coperto gli esecutori materiali dell’omicidio. Storia di droga, interessi, amori e dissidi. La reazione di Maddalena alle accuse mosse alla madre è registrata nelle parole rilasciate alle agenzie nel luglio del 1996: «Il peso di questa accusa infondata e infamante è insopportabile. Otto anni fa ci hanno distrutto la vita privandoci di mio padre, e pensavamo di non poter provare dolore più profondo; oggi ci accusano di averlo ucciso: è oggi che provo il dolore più grande perché stanno uccidendo mia mamma». Chicca rimase a San Vittore per undici giorni, poi fu scarcerata. L’accusa mossa dalla procura di Trapani si dimostrò priva di fondamento, frutto di errori dozzinali. Il fango, invece, sgorgò per molto più tempo. I giornali e i giornalisti sulle colonne dei quotidiani dedicarono ampio spazio alla faccenda celebrando i frutti di quelle indagini.

 

Il dolore, infine, lascia spazio alla soddisfazione. Dopo anni di attesa, un silenzio che copre altro silenzio, le false speranze che arrivano puntualmente il giorno dell’anniversario della morte, e poi le archiviazioni, arriva quello che la figlia di Rostagno descrive come “un regalo”. Si tratta dell’apertura del processo (tuttora in corso a Trapani), il 2 febbraio 2011, per individuare, dopo 23 anni, i colpevoli della morte del padre. La presunta mano assassina è finalmente quella mafiosa, la stessa mano che in molti, comprese Chicca e Maddalena, hanno indicata invano per anni.
Dalla soddisfazione alla speranza, come scrive Maddalena Rostagno nel libro: «Aspetto ancora la verità. Non una qualsiasi. La verità» Il suono di una sola mano è lo strumento per aiutare questo percorso. Serve a tenere alta l’attenzione, vivo il ricordo. A tenere gli occhi ben aperti. Come quelli di Maddalena nella copertina del libro, in una foto con il padre, Mauro Rostagno.

12/10/2011
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