Due giorni, una notte

Il weekend lunghissimo di Sandra (memorabile M. Cottilard), che lotta contro il tempo e l’indifferenza dei suoi colleghi di lavoro: cerca di convincerli a rinunciare a un bonus di mille euro ciascuno, premio in denaro che arriverebbe solo se lei venisse licenziata. La scelta dipende da un piccolo referendum tra i lavoratori della ditta, che si ripeterà il lunedì mattina, dopo che in quello precedente il caporeparto ha fatto pressioni su alcuni dipendenti, convincendoli a votare per il bonus, a scapito di Sandra.

Madre di due figli, uscita dalla depressione, ancora bisognosa a volte degli psicofarmaci, Sandra, aiutata dall’amorevole compagno, affronta uno per uno i colleghi, con il buon senso, cercando di farli ragionare, chiedendo loro di votare in coscienza, provando a dimostrare quanto tenga al suo lavoro. Si trova di fronte reazioni diverse: comprensione, solidarietà, rabbia, menefreghismo individuale soprattutto. Quasi tutti hanno una buona ragione, a sentirli parlare, per avere bisogno di quel bonus; quasi nessuno, apparentemente, ha scrupoli di coscienza nel lasciare a casa una collega. Ora spinta dalla forza della disperazione, ora dall’entusiasmo, con i sensi di colpa di chi sente di fare l’elemosina e anche l’energia e il coraggio di chi non ha più nulla da perdere, Sandra si immerge in questa sfida e va verso il voto del lunedì con fierezza.

I fratelli belgi Dardenne (due Palme d’oro a Cannes con “Rosetta” e “L’enfant”), giocano in casa e sui temi consueti: lo sguardo per gli ultimi, una società cinica e indifferente (il Belgio, ma potrebbe essere ovunque), incapace di aiutare chi resta indietro, la logica del profitto e della concorrenza che domina il mercato del lavoro, che resta comunque precario e feroce. Lasciano intravedere una speranza, forse, questa volta: ma è la luce in fondo al tunnel di un percorso individuale di autocoscienza, non l’emancipazione strutturale di una società.

Storia asciugata fino al midollo e senza fronzoli (niente musica, inquadrature spesso a spalla): i due registi braccano Sandra con l’occhio clinico e freddo dell’entomologo, non giudicano, non alzano la voce: meno dicono, più si fanno capire. Memorabile ritratto di una normalissima donna comune.

Lascia l’amaro in bocca, fa riflettere, inquieta. Da vedere!

27/11/2014
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