Canelli: Dolcetto amaro

Settembre tempo di vendemmia, anche in Provincia di Asti, a Canelli, comune riconosciuto per i suoi pregiatissimi moscato, barbera, dolcetto e spumante.

Il piccolo municipio era stato al centro di uno scandalo mediatico scatenato dall’Espresso nel 2013, con un’inchiesta dal titolo “La vendemmia della vergogna”, in cui si mostravano le condizioni allarmanti a cui erano costretti i braccianti, presenti sul territorio per la raccolta dell’uva. Riccardo Coletti, giornalista de “La Stampa”, ha subito pesanti minacce l’anno scorso, per aver cercato di approfondire maggiormente, sintomo di una mancanza di trasparenza nella gestione della forza lavoro e dei contratti.

 

Dopo le giornate di raccolta, alcuni lavoratori, per lo più bulgari, erano costretti ad arrangiarsi per la notte, dormendo in una piazza, sotto baracche di cartone e bancali. Delle cooperative e un sistema di paghe poco trasparenti ad aggravare la situazione, facendo trasparire uno sfruttamento della manodopera, a vantaggio di produttori e intermediari.

 

Avevamo già intervistato il Sindaco Marco Gabusi, perché ci raccontasse il suo punto di vista sulla situazione, incontrando una posizione molto dura rispetto alla presenza straniera nelle campagne dell’astigiano, posizione che non sembra aver cambiato, a suon di ordinanze che proibiscono l’accampamento su suolo pubblico e il rifiuto di collaborare, come ente pubblico, all’accoglienza dei braccianti attraverso una tendopoli.

 

Per conoscere la situazione attuale abbiamo intervistato Claudio Riccabone della Caritas di Canelli e Paolo Capra della Flai Cgil, il primo impegnato nella gestione dell’accoglienza di alcuni dei braccianti, il secondo nel cercare di assicurare la regolarità dal punto di vista contrattuale.

 

Mentre un tempo i braccianti erano per lo più bulgari, questa vendemmia sta vedendo impegnati anche lavoratori senegalesi, “Arrivano tutti da altre zone del nord Italia, Milano, Lecco, Genova, avendo perso il lavoro che avevano si sono dati al bracciantato”, ci racconta Claudio.

 

A far trasparire situazioni di irregolarità lavorative nella zona era stata la mancanza di accoglienza da parte dei proprietari terrieri, cosa che dovrebbe essere obbligatoria da contratto. “Anche quest’anno ci sono persone che sono costrette a dormire all’aperto, tra i senegalesi sono almeno 25-30”.

 

La Caritas di Canelli, “Canelli Solidale”, attraverso un progetto sostenuto da 4 anni da donazioni di privati, enti bancari e pubblici, si occupa di assicurare alcuni posti letto, docce e alimentazione per tre giorni alla settimana. “Garantiamo le docce anche a chi poi non può fermarsi a dormire nella struttura, i posti sono limitati, c’è un operatore fisso e alcuni volontari che ci danno una mano”.

 

Perché l’alimentazione? “Non ci sarebbe bisogno di aiutarli in questo senso se le paghe fossero regolari”, commenta ancora Claudio.

 

Una toppa, non una soluzione, lo sforzo della Caritas di Canelli. Le cose sarebbero potute andare decisamente meglio, dal punto di vista dell’accoglienza, se solo il Sindaco avesse approfittato della legge regionale che prevede finanziamenti per creare campi di accoglienza temporanei per braccianti. “Si sarebbe dovuta trovare una struttura e agevolare noi della Caritas per la gestione dei posti letto e dei servizi igienici”.

 

Il Sindaco, quindi, da un lato nega un’accoglienza dignitosa e dall’altro ha promulgato un’ordinanza comunale che prevede multe salate per chi venga colto a dormire sul suolo pubblico o in macchina.

 

Chi non dorme nella struttura della Caritas quindi dove va? Parliamo di questo con Capra, della Flai Cigl, “L’anno scorso in alcune cascine abbandonate abbiamo notato dei via vai di macchine, i braccianti venivano prelevati la mattina presto e riaccompagnati la sera”. “Non sapere dove sono i braccianti significa non potersi occupare di loro, nella zona di confine tra le province di Asti, Cuneo e Alessandria, pensiamo potrebbero esserci delle persone che si nascondono”.

 

Questa la situazione dell’accoglienza, le aziende dovrebbero obbligatoriamente occuparsi della sistemazione dei braccianti, come è però evidente da anni, questo non accade, lasciando che di questo si occupi la Caritas o il caso. Ciò avviene nonostante la legge regionale, che non solo agevola gli enti pubblici ma permette anche ai privati di poter ospitare i lavoratori in strutture non per forza adibite all’accoglienza, purché dotate di servizi igienici.

 

E i contratti?

 

Le aziende agricole fanno dei contratti con alcune cooperative, che si occupano di assunzioni e paghe dei braccianti, per i proprietari è il metodo più comodo per non doversi occupare della gestione dei lavoratori. “Tra Asti, Cuneo e Alessandria sono nate già 40 anni fa alcune cooperative “senza terra”, composte da lavoratori specializzati nella potatura e vendemmia dell’uva, nel corso degli anni sono sorte e poi scomparse tutta una serie di altre cooperative, che fanno gola alle aziende agricole per i prezzi che propongono”, ci racconta sempre Paolo.

 

Eccoci all’altro punto fondamentale, alcune di queste cooperative fanno concorrenza sleale, abbattendo il prezzo delle paghe dei lavoratori e facendo false fatturazioni. “Nel migliore dei casi vengono segnate solo alcune delle giornate lavorative tra tutte quelle svolte,  nel peggiore non c’è proprio contratto”.

Propongo un esempio a Paolo per capire meglio: “Insomma, diciamo che, per esempio, io ho lavorato 30 giorni, ne segniamo regolarmente solo 10 e per gli altri ci aggiustiamo tra noi?” , “Ecco, esattamente”.

La Flai insiste da tempo per un potenziamento dei controlli, che implicherebbero però risorse umane e di tempo che l’ispettorato del lavoro e le forze dell’ordine hanno in quantità limitate. Negli anni passati, i controlli hanno portato a scoprire 140 lavoratori in nero e aziende che evadevano il fisco. Alcune delle cooperative sorte gli anni passati sono scomparse e se ne sono create delle nuove.

 

“Dalle 18 alle 20 le forze dell’ordine fanno, a volte, dei controlli sui pullman che passano da un confine di provincia all’altro, un controllo più che altro di documenti. Le aziende invece ricevono controlli soprattutto per quanto riguarda il reato di caporalato”.

I ragazzi senegalesi ospitati presso la Caritas hanno regolare permesso di soggiorno ma, commenta Paolo “potrebbero esserci altre persone richiedenti asilo o irregolari”, un’invisibilità giuridica che incentiva le cooperative ad abbassare ulteriormente le paghe, della serie “tanto ti serve un lavoro no? Accontentati.”

Una situazione complessa, per la sua internazionalità, per il breve periodo in cui la vendemmia si svolge, per il bassissimo livello di collaborazione dimostrato dal comune di Canelli.

 

“Una economia che si basa sulla vendemmia non può permettere che questo accada” commenta Claudio.

 

Il problema dell’accoglienza non si è risolto, nemmeno quello delle cooperative sleali e dei produttori che ne approfittano, semplicemente, come si fa con la polvere sotto al tappeto, si nasconde tutto.

 

“A volte ho paura ad andare in giro da solo” ci racconta il sindacalista, “dopo le minacce subite da Coletti de La Stampa, non c’è da stare tranquilli”. Speriamo che queste righe facciano sentire meno solo Paolo e servano a ringraziare il lavoro di immenso valore della Caritas di Canelli, che nonostante tutti i “bastoni tra le ruote” sta dalla parte di chi pensa che un essere un umano sia un essere umano e dopo 10 ore di lavoro almeno una doccia se la meriti.

20/09/2016
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