Camilla Vallejo: le regioni di un Cile indignato

 

 

 

 

 

 

 

Il volto di Camilla Vallejo, 23 anni, cilena, arriva sulle prime pagine della stampa europea. Non si tratta di moda, ma del volto che i media hanno voluto dare alla rivolta cilena che da mesi porta in piazza migliaia di giovani studenti, professori e cittadini indignati per un sistema che, a partire proprio dall’educazione, si interessa solo al profitto e non al benessere del paese. Le abbiamo rivolto alcune domande:

 

Il partigiano Hessel ha lanciato un appello all’indignazione che è stato raccolto dai movimenti dal basso dalla Spagna alla Grecia: cosa vi indigna di più del Cile di oggi?

 

Ciò che più ci indigna, e che è alla base della protesta, è la pesante eredità pinochetista che sino ad oggi grava sulla società cilena. Le istituzioni cilene sono impantanate nella Costituzione del nostro paese, scritta ai tempi della dittatura, e ci troviamo così un paese neoliberale. In quanto a educazione, sanità, sistema politico ed economico, esistono leggi che necessitano di un quorum altissimo per essere cambiate, facendo della nostra società una gabbia da cui vogliamo uscire.

 

Credi che la vostra esperienza abbia una qualche relazione con quanto sta accadendo nelle piazze di Spagna e d’Europa?

 

Non sono un’esperta di quanto succede in Europa. Rispetto la loro lotta, poiché si vede sin da qui che è una lotta contro gli effetti di una crisi economica in cui pochi chiedono ai settori più vulnerabili della comunità di pagare.

Credo che ci siano due elementi in comune: da un lato la critica alle istituzioni politiche e alle elites che le controllano, dall’altro l’uso delle reti sociali come spazi per la diffusione delle idee del movimento e per organizzare la mobilitazione.

 

Allende ha sempre invitato i giovani a svegliarsi e lottare per i propri diritti: i suoi discorsi e il suo esempio sono un modello e un riferimento anche per  movimenti sociali nel Cile di oggi?

Assolutamente si. Il messaggio di Allende è molto presente non solo tra la gioventù cilena, ma anche nelle esperienze politiche progressiste che attraversano il nostro continente.

L’eredità di Allende è piena di futuro. Dobbiamo tornare a dare impulso al sogno che fu troncato dalla dittatura, in forme nuove, contesutalizzandolo nel XXI secolo. Il mondo è cambiato, è innegabile, ma gli ideali di una società più giusta con una vera democrazia rimangono e sono molto presenti nel nostro movimento.

 

Possiamo dunque dire che la protesta di oggi è una reazione al ritorno al governo della destra cilena?

No. La Concertacion [la alleanza di centro-sinistra al governo dal 1990 al 2010] non fece nulla di diverso. Non possiamo dire che questa sia una mobilitazione contro un governo. Questa è una mobilitazione contro un sistema politico che cominciò con la dittatura, ma che vive da quarant’anni, divenendo sempre più profondo, e sia la destra che la sinistra hanno responsabilità importanti in tutto ciò.

La destra non ha la scusa che ebbe la Concertacion che proclamava di voler cambiare, ma che l’ordinamento politico non lo permetteva. Questo ci permette di generare una base molto ampia come spalla del movimento. Però i principi che ci guidano sono indipendenti dal governo di turno e hanno piuttosto a che vedere con il sistema politico, economico e sociale che governa il paese.

 

Ti senti rappresentata da quello che i giornali dicono di te? Ti da fastidio che i media ti abbiano eletto come volto del movimento studentesco o credi che sia necessario un lider mediatico per rappresentare il movimento stesso?

Alcuni mezzi di comunicazione hanno provato a porre al centro le differenze tra i militanti, non solo con me, anche con altri compagni che hanno dovuto assumere ruoli di rappresentanza. In questo senso, si è cercato di delegittimare il nostro ruolo, perché qui non sono io che metto le idee sul tavolo, è tutto un movimento che alza la voce e io, insieme ad altri compagni, ho solo assunto la responsabilità di esserne portavoce. E, certo, personalizzare il movimento è una delle tante strategie che si possono adottare contro il la protesta, anche se credo che la gente capisca che non è nulla di personale, anzi che siamo migliaia e migliaia impegnati nel movimento.

 

 

 

 

20/09/2011
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