Campagna per la Cittadinanza 2018-2019: Sovrani del nostro destino

La sovranità appartiene al popolo”: la nostra Costituzione antifascista si apre con la volontà e la promessa di fondare la nostra Repubblica sulla sovranità popolare. L’idea che il potere non sia concentrato nelle mani di uno o di pochi leoni, re della foresta, ma che l’uomo si organizzi in modo che ciascuno possa esserlo.

A settant’anni dalla sua entrata in vigore questo principio è fortemente messo in discussione: un generale senso di impotenza attanaglia tutti i cittadini, che sono di fatto leoni in un circo.

Là fuori c’è il grande gioco globale, dal RussiaGate e le interferenze elettorali tramite fake news al potere di Google e Facebook (da cui l’Irlanda rifiuta di incassare i soldi di una multa europea da 1 miliardo di euro per non perdere la sua attrattività fiscale), dalla fusione delle grandi multinazionali che controllano il mercato alla crisi degli Stati che non sanno controllarlo, dalle mafie internazionali alla gestione organizzata dei flussi migratori.

Qua dentro il tendone siamo ridotti a consumatori, più o meno consapevoli, non liberi ma ricattati e ricattabili, costretti a cedere o vendere parti di noi e delle nostre vite per acquistare e accedere a risorse e possibilità, che diventano favori e privilegi anziché diritti. Tutti abbagliati da un immaginario di successo, che deforma il desiderio mettendo al centro apparenza, popolarità e ricchezza, in funzione della buona riuscita dello show e del benessere di un ristretto gruppo di domatori che da questo spettacolo ci guadagna.

In questo contesto le storie di alcune persone sono esemplificative: Anxhela Mecani giovane albanese, prostituta, travolta da un’auto dopo essere stata scaricata in strada di notte nella tangenziale di Torino, e Soumaila Sacko, giovane maliano, bracciante e sindacalista USB ucciso a colpi di fucile. Le vite delle persone non valgono tutte allo stesso modo e alcuni, i più, sono obbligati e oppressi dietro le quinte perché altri possano stare sul palco.

Di fronte all’impotenza vince l’idea della “cosca”, cioè del gruppo chiuso, dei “miei” da tutelare per primi e ad ogni costo, idea che accomuna sovranismi, mafie e fascismi. Ha avuto la meglio la strategia putinista e il potere gialloverde, il razzismo e il fascismo, la teorizzazione della fine dei parlamenti, l’estrazione casuale dei rappresentanti del popolo. Ma questa idea prevede necessariamente violenza, sopraffazione, disuguaglianze e discriminazioni, e non smaschera il tendone ma mira trovare un ruolo di potere nello spettacolo; non libera i leoni, ma li acceca e li rende schiavi volontari – felici di esserlo, riconoscenti ai propri domatori- o aspiranti domatori loro stessi.

Chi prova a riconnettere i punti e smascherare il trucco finisce per rimetterci la vita: pensiamo a Daphne Caruana Galizia e a Jan Kuciak, giornalisti europei uccisi perché le loro inchieste che svelavano i rapporti tra politica, finanza e mafie a livello europeo stavano pericolosamente avvicinandosi al bersaglio.

Chi ha sempre creduto nella sovranità dei cittadini si trova disorientato: le manifestazioni di volontà popolare hanno poco a che fare con i reali processi legislativi e governativi. Per tutti coloro che hanno sempre vissuto la globalizzazione come un’opportunità da governare e non come una minaccia la tentazione dello sconforto è grande: siamo stati sconfitti sul piano globale perchè ridotti a consumatori più o meno “potenti” e sul piano locale perchè minoranza culturale e politica: potremmo accontentarci di arrivare alla consapevolezza di essere troppo piccoli per contare qualcosa e di farcela bastare, sopravvivendo con stile.

Sentiamo il bisogno invece di rimettere al centro il tema della sovranità, approfondendo l’analisi del potere, per capire quali sono gli strumenti necessari per metterla in atto nei termini intesi dalla Costituzione e dal Manifesto di Casa Acmos. Quanto davvero siamo liberi di scegliere cosa fare della nostra vita? Quanto invece la situazione globale e le gerarchie di potere che abbiamo descritto incidono sulle possibilità di scelta delle persone, a livello individuale e collettivo?

Ma vogliamo chiederci anche – se davvero vogliamo liberarci e liberare dalla schiavitù del circo- se siamo pronti a affrontare l’ebbrezza della foresta, che cosa siamo disposti a fare per creare l’alternativa al circo, alla schiavitù del consumo, alle dinamiche di sopraffazione e discriminazione.

In questi anni abbiamo creato alcuni strumenti per provare a costruire insieme consapevolezza e sovranità: il progetto Scu.Ter., per una scuola che allena all’apertura e all’incontro; Casa Acmos, per una pratica nonviolenta della convivenza; le coabitazioni solidali, per uscire dalla nostra comfort zone; il riutilizzo sociale dei beni confiscati, per non dimenticare la partita che stiamo giocando.

Dovremmo chiederci come fare per renderli più efficaci per far sì che più persone si compromettano per realizzare la società aperta che auspichiamo, anziché per soluzioni esclusive ed escludenti. Forse è una questione di marketing e di voglia di rappresentarsi; o forse “c’è bisogno di condividere le nostre profonde convinzioni e tradurle in azione”. Sicuramente la nostra idea di società deve trovare rappresentazione e dobbiamo fare di più e meglio.

I giovani di Acmos