Blue Jasmine

L’ennesima fatica di Woody Allen. Non all’altezza delle aspettative, secondo noi, lo diremo subito. Il pubblico è abituato a ritratti magnifici tutti al femminile, del regista newyorkese, tra i più celebri del cinema: basti pensare ad “Io e Annie” (Diane Keaton), “Un’altra donna” (Gena Rowlands) o film con Mia Farrow o Dianne Wiest. Questo non fa eccezione e si costruisce intorno al personaggio di Jasmine (una magnifica Cate Blanchett): che è stata tradita, rovinata economicamente e, forse psicologicamente, dal marito Hal, squalo della finanza che ha truffato chiunque, fino all’arresto, compresi la sorella e il cognato della protagonista. Così Jasmine, all’inizio della storia, arriva a casa della sorellastra Ginger, non avendo più un posto dove stare, dopo la bancarotta del marito. Lascia New York per San Francisco.  Ginger ha due figli, un nuovo compagno e uno stile di vita molto più “proletario”, di quello cui è abituata Jasmine. Tutta la narrazione si alterna tra il presente, con il tentativo di rialzare la testa di Jasmine e ricominciare la sua vita, e il passato, con i ricordi di pranzi farzosi, cene frivole e shopping di gioielli e vestiti firmati. Il tentativo di rialzarsi di Jasmine, che beve vodka, si fa di antidepressivi e a volte parla da sola, si rivelerà più difficile del previsto, nonostante la sua determinazione.   Ritratto di una donna fragile ed esaurita, distrutta dal colpo ricevuto dal marito fedifrago,  picchiatella e molto ferita, con qualche pregiudizio snob e la difficoltà a relazionarsi con chi non è parte del suo vecchio mondo. Interpretazione superba della Blanchett, non c’è dubbio. Il problema è che il film si riduce a lei. Intorno, una galleria di personaggi sfuocati (quasi macchiettistici), una storia che non decolla, il celeberrimo umorismo alla Allen che è il grande assente.   Allen, alla soglia degli ottanta anni, firma un film fuori fuoco, con un grande personaggio e il vuoto intorno. Peccato, è un’occasione persa.

13/12/2013
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